Interpello Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale – Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, 10 ottobre 2006, Prot. n. 25/I/0004582

Oggetto: Assistenza a familiare con handicap non convivente – Risposta all’interpello ai sensi dell’art. 9 D. Lgs. 124/04.

L’interpello avanzato dal Comune di Selvazzano Dentro ha per oggetto l’accertamento dei casi di impossibilità di assistere la persona con handicap da parte del familiare non lavoratore, al fine del riconoscimento delle agevolazioni previste dalla L. n. 104/1992 al lavoratore che sia genitore o parente o affine entro il 3° grado, convivente o meno con la persona handicappata. In particolare, la fattispecie in esame riguarda la persona di età superiore ai 70 anni che, affetta da invalidità, non sia più in grado di assistere il soggetto con handicap con il quale convive, dando luogo perciò al diritto dell’istante di fruire delle agevolazioni ex L. n. 104/1992.

In proposito, acquisito il parere della Direzione generale delle Politiche Previdenziali, si rappresenta quanto segue. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con circolare n. 133/2000, integrando quanto già indicato nella precedente circolare n. 37/1999, ha elencato, nel paragrafo 2.5, i motivi di impossibilità di assistenza, in relazione ai quali non si richiedono “valutazioni medico-legali”. Tra le fattispecie di impossibilità è prevista l’età superiore ai 70 anni di persona affetta da una “qualsiasi invalidità comunque riconosciuta”, fattispecie oggetto dell’interpello in esame. La perplessità relativa alla procedura necessaria per attestare l’impossibilità dell’ultrasettantenne di prestare assistenza trova soluzione nella circolare predetta, laddove si precisa, con riferimento a tutti i motivi ivi elencati, che non sono necessarie valutazioni medicolegali e, con riferimento specifico al caso del superamento di età, che è sufficiente la sussistenza di una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta. La terminologia utilizzata dall’Istituto rende opportuna una riflessione sulla portata dei tipi di valutazioni effettuate per l’accertamento dei diversi stati patologici.

Per valutazione medico-legale deve intendersi l’analisi che, fermo restando il riscontro di patologie cliniche, proceda ad un apprezzamento di ulteriori elementi, al fine di ottenere una definizione complessiva del soggetto esaminato, tale da stabilire una relazione dello stesso con il contesto interessato (sociale, occupazionale, giuridico, ecc.). È senz’altro una valutazione medicolegale quella effettuata nell’ambito della procedura di accertamento dell’handicap, di cui al combinato disposto degli articoli 3 e 4 della L. n. 104/1992. In tale sede, infatti, la Commissione medica, all’uopo integrata da un operatore sociale e da un esperto del tipo di caso da esaminare, è chiamata ad operare un esame globale della persona che, superando l’accertamento delle alterazioni cliniche, sia comprensivo dell’analisi di ulteriori elementi (quali ad es. la condizione culturale, familiare e sociale, la condotta di vita, l’ambiente abitativo, il contesto sociale e le relative possibilità offerte dalle strutture assistenziali), della capacità complessiva residua nonché delle difficoltà e dei bisogni di cui è portatore il soggetto in esame, al fine della valutazione della sua integrazione sociale e lavorativa. Il soggetto con handicap, in tal modo, viene osservato in relazione al contesto sociale e relazionale in cui vive, per poter arrivare a formulare un programma individualizzato di interventi e a consentire l’accesso alle prestazioni richieste.

Questo tipo di valutazione si presenta ben diverso dall’accertamento richiesto dalla normativa relativa all’invalidità civile, ove opera il metodo della valutazione percentuale, ovvero il rapporto tra la diagnosi clinica, la capacità lavorativa residua e l’indennizzo spettante. Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, si ricava che per attestare l’impossibilità della persona ultrasettantenne di prestare assistenza al soggetto con handicap, non solo può prescindersi dalla complessa procedura di valutazione medico legale di cui alla L. n. 104/1992, ma è altresì sufficiente dimostrare che la persona anziana anzidetta sia affetta da “una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta”. Quest’ultima espressione sembra necessariamente riferirsi ad una invalidità non qualificata da specifiche patologie predeterminate dalla norma e non quantificata con parametri percentuali. Per quanto concerne l’organo deputato a riscontrare l’invalidità in esame, non sussistono fondate ragioni per ravvisare un soggetto diverso dalla Commissione medica che opera per i casi di invalidità civile.

IL DIRETTORE GENERALE (f.to Mario Notaro)

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