Il tema dei caregiver è oggi sempre più sentito, in un panorama che ancora deve vedere venire alla luce una normativa strutturata e completa che ne riconosca la figura e sia capace di offrire una tutela articolata e al tempo stessa molto concreta a garantire chi si occupa del lavoro di cura e assistenza.

Nell’attesa di provvedimenti normativi compiuti, le corti stanno affrontando casi relativi all’applicazione di alcuni dei diritti che la normativa attuale (ed in particolare la Legge n. 104 del 1992) riconosce ai caregiver soprattutto in ambito lavorativo.

Tra queste, spicca una recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha esaminato la questione del diritto al trasferimento dei caregiver per vicinanza con i familiari con disabilità, al fine di valutare la sussistenza o meno di tale diritto anche laddove il familiare con disabilità sia nel frattempo deceduto.

Questo articolo si propone di esaminare più approfonditamente la sentenza e di riflettere sulle sue conseguenze per coloro che si dedicano all’assistenza di familiari disabili.

La vicenda e la sentenza della Cassazione.

Con la sentenza n. 34090 del 06 dicembre 2023, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di A.B., dipendente del Ministero della Giustizia, che aveva richiesto il trasferimento per assistere un familiare disabile, diritto questo concesso ai caregiver ai sensi dell’art. 33, comma 5, della Legge n. 104/1992. Tale domanda veniva inizialmente accolta dal Tribunale di Agrigento, e poi ulteriormente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo, nonostante nel frattempo il familiare con disabilità in questione fosse deceduto. Secondo la Corte di Appello infatti la domanda avanzata dal caregiver restava comunque fondata, dovendo le condizioni su cui svolgere la cognizione in questione essere soltanto quelle “cristallizzate nella sentenza di primo grado”, senza che l’avvenuto decesso nel corso del giudizio avesse alcun rilievo in tal senso. Il Ministero della Giustizia proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto invece dichiarare cessata la materia del contendere e che era comunque sopravvenuta la carenza di interesse ad agire della ricorrente, con la conseguenza che si sarebbe pertanto determinata la violazione dell’art. 33 L. 104/1992; secondo il Ministero infatti il giudice, in qualunque grado di giudizio, avrebbe dovuto prendere una decisione sulla questione accertando l’attualità delle condizioni previste dalla legge per l’affermazione del diritto evocato in giudizio.

La successiva Corte di Cassazione ha tuttavia confermato il diritto al trasferimento già ottenuto, stabilendo che questo diritto si cristallizza una volta che è stato riconosciuto e attuato. Tale decisione si basa sul principio che le situazioni giuridiche soggettive devono essere valutate al momento in cui sono sorte e non possono essere retroattivamente estinte da eventi successivi. La Corte di Cassazione ha infatti affermato che:

  1. era da escludere che ricorressero i presupposti per la declaratoria di cessazione della materia del contendere, la quale si verifica soltanto quando le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, (ammettendosi al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite), cosa che tuttavia nel caso di specie non si era verificata, sussistendo invece una persistente divergenza tra le parti (che la Corte qualifica essere “in re ipsa”, sostenendo l’una che la pronuncia del Tribunale dovesse essere riformata, con rigetto della domanda, e l’altra che – invece – quella pronuncia doveva restare ferma); e
  2. il richiamo ad una presunta carenza di interesse ad agire fosse infondato, essendo invece tale interesse manifestamente sussistente in capo alla Caregiver, la quale voleva ottenere la conferma delle legittimità della propria originaria pretesa (e, quindi, l’esistenza delle condizioni del trasferimento) quando esso era stato giudizialmente disposto e poi amministrativamente attuato, il che bastava a giustificare l’insistere a tal fine per una pronuncia giudiziale in tal senso.

Per la Corte il punto più delicato della vicenda era da rinvenire nella valutazione di come l’evolversi dei fatti storici avesse interferito rispetto alla domanda riguardante il diritto azionato in giudizio dalla caregiver. Come operavano i fatti sopravvenuti rispetto al diritto ad un trasferimento che si giustifica per il verificarsi di determinate circostanze concrete, come l’avvicinamento ad una persona con disabilità, nel momento in cui questa persona viene a mancare – atteso comunque che tale decesso era intervenuto in ogni caso quando vi era già stata la condanna del MIUR ad attuare il trasferimento? Pur concordando come, in linea di massima, l’esistenza del diritto oggetto di lite vada sempre verificata al momento della decisione, gli Ermellini fanno tuttavia presente come tale regola generale incontri un limite quando si tratti – come nella vicenda in esame – d’un trasferimento che, una volta disposto, non può essere revocato improvvisamente per il solo venir meno delle condizioni fattuali che in origine lo giustificavano. Le regole proprie della mobilità dei pubblici dipendenti, che sono ispirate dalla necessità di rispettare le priorità fra più aspiranti e di verifiche sulla disponibilità dei posti, implicavano infatti che un nuovo trasferimento della caregiver necessitasse di ulteriori valutazioni rispetto al posto da riassegnare, che poteva anche non esistere più o essere stato legittimamente assegnato ad altri. Il decesso aveva pertanto avuto come conseguenza non l’estinzione dei diritti al trasferimento per la caregiver, ma aveva eventualmente radicato il presupposto perché fosse disposto un nuovo trasferimento – il quale però riguardava una situazione soggettiva nuova e diversa, che era estranea al giudizio in corso.

Le possibili implicazioni giuridiche della sentenza.

Questa sentenza potrebbe avere varie implicazioni giuridiche di interesse, considerando il suo contesto legale e le questioni sollevate, tra le quali si evidenziano le seguenti:

  • Cristallizzazione del diritto al trasferimento: La sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito il principio della cristallizzazione del diritto al trasferimento per assistere un familiare con disabilità. Ferma restando la necessità di vagliare i casi concreti, potrebbe astrattamente significare che una volta che il trasferimento è stato riconosciuto e attuato, il diritto si cristallizza e non può essere retroattivamente revocato in seguito al verificarsi di eventi successivi, come il decesso del familiare assistito. Questo principio si rivela quanto più importante tanto più considerando che potrebbe offrire una maggiore sicurezza giuridica ai dipendenti pubblici che richiedono trasferimenti per motivi di assistenza familiare, garantendo che i loro diritti non siano arbitrariamente messi in discussione a causa di eventi esterni.
  • Carenza di interesse ad agire: La sentenza ha anche affrontato la questione della carenza di interesse ad agire sollevata dal Ministero della Giustizia quale base del proprio ricorso in Cassazione; per il Ministero infatti tale interesse ad agire della caregiver sarebbe venuto meno con il decesso del familiare. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa argomentazione, sostenendo che la lavoratrice aveva ancora un interesse legittimo a far valere il proprio diritto al trasferimento nonostante il cambiamento delle circostanze. Questo evidenzia l’importanza di valutare attentamente ogni caso e di non assumere automaticamente che il decesso del familiare porti alla carenza di interesse ad agire da parte del lavoratore, e in quest’ottica anch’esso potrebbe portare una maggior sicurezza per la tutela dei caregiver.
  • Limiti del giudizio: Un altro aspetto significativo della sentenza riguarda i limiti del giudizio. La Corte ha chiarito che il giudizio riguarda esclusivamente il diritto al trasferimento già riconosciuto e attuato, e non si estende a eventuali nuovi trasferimenti che potrebbero essere necessari a seguito di cambiamenti delle circostanze, il quale invece necessita di un nuovo giudizio. Questo limite implica che il giudizio non può risolvere tutte le questioni future legate al trasferimento, ma si limita a stabilire la validità del diritto già esistente.
  • Effetti sulla mobilità dei dipendenti pubblici: La sentenza ha anche implicazioni per la mobilità dei dipendenti pubblici. Essa sottolinea la necessità di rispettare le priorità tra i dipendenti che richiedono trasferimenti e di considerare attentamente le disponibilità dei posti. Inoltre, evidenzia che eventuali nuovi trasferimenti devono essere valutati in base alle nuove circostanze e non possono essere automaticamente concessi o negati in base al precedente trasferimento.

Conclusioni.

Per i caregiver, questa sentenza potrebbe quindi rappresentare un importante passo avanti nella protezione dei propri diritti e nel riconoscimento del valore del loro lavoro di assistenza familiare, anche se rimangono ancora aperte sfide significative legate alla conciliazione tra lavoro e assistenza, incluse le difficoltà nell’ottenere supporto e nel gestire gli oneri finanziari e emotivi associati alla cura di un familiare disabile. In tale quadro, si sottolinea una volta di più come risulti quindi essenziale che le politiche pubbliche e le pratiche aziendali tengano conto delle esigenze dei caregiver e offrano sostegno adeguato.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

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