Domanda: Queste tre sentenze (DPCM n. 159 del 3 dicembre 2013 come modificato dalle sentenze del TAR Lazio, Sez. I, n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15), stabiliscono che, nel calcolo Isee non possono essere computati trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari (come ad esempio un risarcimento danni) non imponibili ai fini Irpef. Pertanto tali trattamenti, non dovrebbero costituire reddito, ma essere considerati solo un indennizzo e non computati ai fini del rilascio dell’Isee, neanche come giacenza media.

E’ corretto quanto esposto? E come far valere, eventualmente, tale interpretazione?

Approfondimento: L’ISEE in vigore scaturisce dall’articolo 5 della Legge 214/2011, meglio nota come “Legge Salva Italia” e dal Regolamento approvato con il Decreto del Presidente del Consiglio 159/2013.

Sin da subito la nuova versione dell’ISEE si è attirata l’ostilità delle persone con disabilità poiché il calcolo dell’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR), una delle componenti dell’ISEE, prevede che vengano conteggiate come reddito anche le provvidenze economiche riconosciute alle persone con disabilità; e, sebbene un insieme di disposizioni sia stato introdotto per ridurre l’ISEE ed offrire un effetto netto vantaggioso per le persone con disabilità, alcune di esse, e le loro famiglie, considerano inconcepibile l’idea che indennità e misure compensative riconosciute al fine di superare, o almeno attenuare, lo svantaggio ingenerato dalla disabilità, siano considerate come una ricchezza disponibile.

Il Tar del Lazio con ben tre sentenze (la n. 2454/2015, la n. 2458/2015 e la n. 2459/2015) ha accolto le istanze di diversi ricorrenti.

Contro di esse ha fatto ricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Ricorso è stato rigettato proprio dal Consiglio di Stato (Sentenza n. 842/2016).

La Sentenza in particolare sottolinea che «[…] l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell’ISEE, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerali per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile.>>

Un altro aspetto su cui è intervenuta la Sentenza riguarda l’illegittimità di aver disposto franchigie differenziate a seconda che la persona disabile sia minore o adulta.

Tali disposizioni, infatti, creano una discriminazione a danno degli adulti.

Per dare attuazione alla sentenza del Consiglio di Stato ed adeguarsi a quanto deciso, in un primo momento era stato presentato un emendamento in Senato in occasione della legge di conversione del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca (Atti del Senato n. 2299).

L’emendamento in questione ha trovato la forte opposizione di tutte Federazioni ed Associazioni rappresentative delle persone con disabilità poiché in sostanza, prevedeva l’esclusione dal computo dell’ISEE di tutte le provvidenze assistenziali legate alla disabilità ma al tempo stesso cancellava anche tutte le franchigie e la possibilità di detrarre le spese assistenziali o di ricovero in struttura con l’introduzione di una maggiorazione della scala di equivalenza pari a 0,50 indipendentemente dalla gravità della disabilità, riportando la situazione al precedente Indicatore del 1998.

La L. 26 maggio 2016 n. 89 ha introdotto l’art. 2 sexies, il quale specifica che dal reddito disponibile vanno esclusi i trattamenti erogati da Amministrazioni Pubbliche in ragione di una condizione di disabilità. Sulla base di quanto detto:

  • i trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari (incluse carte di debito), a qualunque titolo erogati da Amministrazioni Pubbliche in ragione della condizione di disabilità, (cioè le c.d. prestazioni di assistenza) laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo ai fini IRPEF sono esclusi dalla nozione di “reddito disponibile” di cui all’articolo 5 del Decreto Legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 214 del 2011;
  • mentre qualora i suddetti trattamenti siano percepiti per ragioni diverse dalla condizione di disabilità, essi sono da includere nella nozione di reddito disponibile riportata nell’articolo 5 del Decreto Legge citato.
  • in luogo di quanto previsto dall’articolo 4, comma 4, lettere b), c) e d), del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, è applicata la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza di cui all’allegato 1 del predetto decreto n. 159 del 2013 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente.

 

Orbene, da questa definizione, si ritiene che siano escluse le indennità percepite a seguito di risarcimento danni a favore della persona con disabilità, poiché vengono indicate solo le prestazioni di assistenza.

Eppure la Sentenza del Consiglio di Stato era stata chiara a definire che “tutte le forme risarcitorie servono a non remunerare alcunché”.

Infatti, se controlliamo la documentazione necessaria per la redazione dell’Isee sociosanitario 2021, vediamo che il richiedente deve presentare per sé, e per ciascun componente il nucleo familiare, la seguente documentazione:

a) documento di identità e tessera sanitaria del dichiarante in corso di validità;

b) tessere sanitarie dei componenti il nucleo familiare;

c) stato di famiglia;

d) dichiarazione dei redditi, modello UNICO o modello 730 relativa al periodo di imposta 2019;

e) Certificazione Unica 2020;

f) assegni percepiti oppure corrisposti nel 2019 per coniuge e figli;

g) documentazione attestante compensi, indennità, trattamenti assistenziali e previdenziali, redditi esenti ai fini IRPEF, borse e/o assegni di studio;

h) redditi da lavoro dipendente prestato all’estero nonché tassato all’estero;

i) reddito dichiarato dal coniuge estero iscritto all’AIRE o da pensioni estere;

l) in caso di affitto, copia del contratto di locazione con estremi della registrazione nonché copia dell’ultimo canone versato;

Oltre ai documenti relativi ai redditi di ciascun membro del nucleo familiare, il cittadino deve presentare anche altri documenti.

In particolare, quelli che riguardano il proprio patrimonio mobiliare ed immobiliare:

a) saldo e giacenza media di conti correnti bancari e postali al 31 dicembre 2019;

b) buoni postali, titoli di stato, obbligazioni, BOT, CCT, fondi di investimento, azioni o quote detenute presso società od organismi di investimento collettivo di risparmio;

c) dati sul patrimonio immobiliare come da visure catastali;

d) mutui, atti notarili di compravendita, atti di donazione di immobili, successioni nonché altra documentazione relativa al patrimonio immobiliare;

e) targa o estremi di registrazione al PRA ai motoveicoli o autoveicoli di cilindrata pari o superiore a 500 cc;

f) targa o estremi di registrazione al RID di navi ed imbarcazioni da diporto.

La giacenza media all’interno del conto corrente bancario, viene calcolata prendendo tutti gli estratti conto bancari (o postali) ricevuti nel corso dell’anno.

Per ognuno di questi, bisogna rilevare i numeri creditori totali, sommarli e dividerli per 365.

Se il conto corrente è cointestato, la quota di saldo e giacenza è solitamente pari al 50% se i titolari

del conto sono due, 33,3% se sono in tre, e così via.

Da quando l’indicatore è divenuto fondamentale per la determinazione della DSU, la banca ha l’obbligo di comunicare al correntista il valore della giacenza media.

In genere, questa comunicazione avviene in relazione all’emissione dell’estratto conto del quarto trimestre, ovvero quello che chiude l’anno.

E’ chiaro che le somme ricevute a titolo di indennità risarcitoria siano esenti da Irpef ma ai fini della compilazione della DSU e pertanto il calcolo ISEE, la giacenza media è, allo stato, ancora necessaria e porta inevitabilmente ad innalzare l’indice con conseguente esclusione totale o parziale del disabile a determinate prestazioni socio – sanitarie magari essenziali.

Inoltre la legge non permette di differenziare la provenienza delle somme depositate, sia che risultino derivare da redditi e sia che non lo risultino; saranno considerate nella giacenza media del conto corrente.

SOLUZIONI.

In attesa che lo Stato imponga lo scorporo delle somme ottenute a titolo di risarcimento danni, l’unica soluzione, come già consigliato da ADUC, e’ di presentare la richiesta di determinazione o rideterminazione della quota direttamente al Comune (art. 10, comma 6, DPCM 159/2013) fornendo loro la DSU.

La DSU deve essere compilata autonomamente dal contribuente senza presentarla tramite i CAF; al suo interno non andranno indicati i redditi non imponibili ai fini Irpef, specificando espressamente, in una separata istanza allegata alla richiesta, che ai fini della determinazione della quota sociale l’ISEE dovrà essere calcolato secondo la vigente disciplina normativa, ovverosia secondo quanto previsto dal DPCM n. 159 del 3 dicembre 2013 come modificato dalle sentenze del TAR Lazio, Sez. I, n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15 e Consiglio di Stato con Sentenza 842/2016, chiarendo che nel caso in cui i sistemi informatici dell’INPS calcolassero illegittimamente l’ISEE sarà onere dell’amministrazione provvedere al corretto ricalcolo disapplicando l’ISEE illegittimamente fornito dall’INPS.

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
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