18 marzo 2021
Ritorna per l’ennesima volta questa stessa domanda, stando al comportamento di tantissime scuole italiane che hanno disatteso la Nota ministeriale prot.n. 662 del 12 Marzo 2021, che prevede, nelle zone rosse, che gli alunni con disabilità possano seguire la didattica in presenza “in situazione di effettiva inclusione”, cioè con un gruppo di compagni della propria classe che lo desiderino.
La crisi pandemica mondiale dovuta alla diffusione del virus Covid-19, ha fatto affiorare innumerevoli problematiche in tutti i settori, pubblici, privati, nella vita quotidiana, lavorativa e scolastica per ognuno di noi.
Le problematiche, come sempre, per le persone con disabilità, in questo periodo si sono acuite all’ennesima potenza e tra le tante, il tema dell’inclusione scolastica rapportato alla didattica a distanza, è stata una di queste.
Il diritto all’inclusione scolastica oltre che in tutta la normativa, è stato chiaramente e ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale.
Un dato che è emerso, chiaro nell’immediatezza, è stata l’assoluta impraticabilità della Dad per gli alunni con disabilità, soprattutto intellettiva-relazionale.
Fin da subito il MIUR ha fissato un principio cardine e cioè che venisse garantita la didattica in presenza in situazione di effettiva e reale inclusione alla presenza di alcuni dei compagni di classe.
Detto principio è stato fissato del D.L. 22/20 convertito con modificazioni nella L. n. 41 del 6 giugno 2020 e poi reiterato nei successivi DPCM, Note Ministeriali e cosi fino all’ultimo Decreto Legge n. 30 del 13 marzo 2021, seguito dalla Nota Ministeriale prot. n. 662/21.
Detta nota ribadisce il principio presente nei vari DPCM ( da ultimo quello del 2 marzo 2021) ribadendo ancora una volta che “laddove per il singolo caso ricorrano le condizioni tracciate nel citato articolo 43 le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola.”
Orbene, tracciato il solco, durante questa pandemia, dati alla mano, gli alunni con disabilità intellettive o con autismo (che rappresentano circa l’80% di tutti gli alunni con disabilità) non hanno neanche, oltre alla didattica in presenza, potuto fruire della didattica a distanza, come è stato accertato da numerose ricerche e dimostrato da testimonianze di famiglie e di docenti.
Già con la L. n. 41/2020 sopra citata e poi con l’Ordinanza n. 134 del 9 Ottobre 2020, era stata previsto il diritto di tali alunni all’istruzione domiciliare, malgrado ancora mancasse l’emanazione del regolamento previsto dall’art 16 del d.lgs. n. 66/17; ma l’istruzione domiciliare non garantisce il diritto all’inclusione scolastica, ma solo il diritto allo studio individuale.
La sentenza della Corte costituzionale n. 226/2001 stabilisce che per gli alunni con disabilità, a differenza di tutti gli altri alunni, l’unico modo di esercitare il proprio diritto allo studio è l’inclusione scolastica, cioè la didattica in presenza “in situazione di effettiva inclusione” con un gruppetto di compagni (come stabilito dalla Nota Ministeriale prot. 662/2021).
Pertanto per tali alunni, la didattica in presenza in situazione di “effettiva e reale inclusione “è l’unico modo di esercitare il proprio diritto allo studio.
Come tale non può impunemente essere disatteso non solo nei loro confronti, ma anche nei confronti dei compagni che vogliono realizzare l’effettiva inclusione scolastica.
Occorre far presente che l’autonomia scolastica, affermata anche nella nostra Costituzione, è un’autonomia amministrativa e quindi non può assolutamente disattendere quanto scritto nelle Note ministeriali che sono espressione e chiarimento di un principio sancito in una Legge (n° 41/20) ed in tutti i DPCM.
Pertanto nessun Dirigente, non solo scolastico ma anche di Ufficio Scolastico Regionale, potrebbe avvalersi dell’autonomia scolastica per negare il diritto dell’alunno con disabilità alla frequenza in presenza “in situazione di reale inclusione”, cioè insieme ad alcuni compagni di classe.
Il testo della Nota ministeriale anche su questo punto è inequivocabile: “le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione, valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito”.
Quanto sopra affermato è parimenti valido anche per le scuole dell’infanzia nonché per le scuole paritarie.
Alcune scuole dell’infanzia sostengono che la Nota non si applicherebbe ad esse, poiché tali scuole non sono scuole dell’obbligo e quindi non ammettono in presenza non solo i compagni, ma neppure gli stessi alunni con disabilità per la cui “effettiva inclusione” è stata volutamente emanata dal Ministero la Nota.
Al contrario occorre far presente a tali Dirigenti che per gli alunni con disabilità la frequenza delle scuole dell’infanzia non è una semplice “possibilità”, come avviene per tutti gli alunni non essendo scuola dell’obbligo, ma in forza dell’art. 12 commi 1 e 2 della l. n° 104/92, è un vero e proprio “diritto soggettivo” costituzionalmente garantito.
Stessa situazione per le scuole paritarie: infatti esse, siano esse comunali o private, fanno parte del sistema pubblico di istruzione in forza della L. n° 62/2000 e quindi ad esse si applicano tutti i diritti, ma anche tutti gli obblighi delle scuole statali.
Ma per fugare ogni dubbio tra i destinatari della Nota sono scritti esplicitamente al secondo posto i “coordinatori didattici (cioè i Dirigenti Scolastici delle scuole paritarie – n.d.r.) delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione”.
E’ chiaro quindi che la didattica deve essere garantita in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e paritarie, oltre alla presenza reale degli alunni con disabilità certificata o con BES e quella del gruppetto di compagni, anche la presenza reale dei docenti curricolari e per il sostegno, nonché degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione ed dei collaboratori scolastici necessari sia per l’assistenza igienica degli alunni che ne abbiano bisogno, ma anche per la indispensabile sanificazione e vigilanza dei locali.
Ove questa decisione fosse rimessa alla decisione discrezionale degli organi individuali o collegiali della scuola o dell’amministrazione scolastica, sarebbe non una degradazione legittima di tale diritto al rango di
mero interesse legittimo, ma una vera violazione di tale diritto, censurabile in sede di Tribunale Amministrativo Regionale ed, in caso di resistenza da parte dell’Avvocatura, da far divenire oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale, sollevando la questione incidentale durante il giudizio avanti al TAR.
In pandemia, i doveri di solidarietà sociale come i diritti costituzionalmente tutelati non vengono meno; per i collaboratori scolastici permane inoltre l’obbligo di recarsi nelle scuole per provvedere alla loro perenne sanificazione.
Per gli alunni con disabilità permane il diritto all’inclusione scolastica in presenza, ovviamente tranne i casi di loro contagio o quarantena e comunque con l’obbligo di adottare tutte le misure di prevenzione e sicurezza, che debbono pure essere adottate dai docenti che pur essi sono tenuti a recarsi a scuola per effettuare le lezioni in presenza a loro col loro gruppetto di compagni e contemporaneamente a distanza al resto dei compagni rimasti a casa.
Ripercorriamo insieme le principali innovazioni normative per l’inclusione scolastica.
Già la L. 118 del 1971 all’art 28, introducendo per la prima volta nel nostro sistema scolastico la possibilità per gli alunni con disabilità di adempiere l’obbligo scolastico (allora sino alla terza media) nelle classi comuni delle scuole statali (e non più in quelle “speciali, come era obbligatorio sino a quel momento), limitava tale possibilità solo agli alunni con lieve disabilità motoria, escludendo quindi tutti gli altri.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 125 del 1975 rigettava il ricorso di un alunno cieco che negli anni precedenti si era visto negato il diritto di iscriversi alle scuole comuni con la motivazione che non esisteva un diritto all’integrazione in tali scuole. Solo dopo la L. 360 del 1976 fu consentito ai ciechi di potersi iscrivere anche nelle scuole comuni e nel 1977 fu approvata la famosa L. 517 /77 che estendeva ai sordi ed a tutti gli altri alunni con disabilità anche in situazione di gravità, il diritto generale di iscrizione alle scuole comuni, ad eccezione delle scuole superiori.
Malgrado ciò, ancora nel 1978, un alunno con disabilità di Livorno si vide rigettare l’iscrizione alla scuola elementare comune e la famiglia dovette sporgere denuncia per aver violato il diritto dell’alunno all’iscrizione alla scuola comune; la suprema Corte con Sentenza del 30 Marzo 1981 (anno internazionale delle persone con disabilità ) stabilì che non esisteva allora nel nostro ordinamento alcun diritto di frequenza delle scuole comuni e pertanto neppure un obbligo per la scuola di accettare l’iscrizione assolvendo completamente la scuola.
Bisogna attendere il 1987 con il caso di un alunno con disabilità, accolto alla scuola superiore e successivamente bocciato al termine del primo anno con successiva delibera di diniego alla ripetenza motivato dalla mancanza del diritto all’iscrizione nelle scuole superiori, come espressamente stabilito nell’art 28 della L. 118/71. La famiglia, con ricorso al Tar, sollevò la questione di incostituzionalità dell’art 28 cit. laddove prevede che “sarà facilitata” la frequenza degli alunni con disabilità nelle scuole comuni. Questa volta la Corte, applicando l’art 3 comma 2 della Costituzione, annulla il comma 3 dell’art 28 citato, con una famosa sentenza nella quale scriveva che “dove è scritto “sarà facilitata” si deve leggere in termini di “è assicurata” e quindi sancendo per la prima volta il diritto pieno e costituzionalmente garantito degli alunni con disabilità all’inclusione nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado.
La riottosità a vedere gli alunni con disabilità nelle classi scolastiche di tutti e come tutti, subisce una pesante messa in discussione nel 2007 (appena dopo l’approvazione a New York nel 2006 della Convenzione ONU
sui diritti delle persone con disabilità) quando viene stabilito in una norma di legge il divieto di dare troppe ore di sostegno agli alunni con disabilità e conseguentemente ad un alunno con disabilità in situazione di gravità viene negato dalla sua scuola il massimo delle ore di sostegno con la motivazione della necessità di risparmio dovuto ai tagli alla spesa pubblica. La famiglia interessata impugna al TAR e solleva nuovamente la questione di incostituzionalità della norma legislativa. Nuovamente la Corte costituzionale con Sentenza n. 80 del 2009 stabilisce che “il nucleo essenziale del diritto allo studio non può essere compresso per motivi di bilancio”.
La situazione si ripete nel 2016, con analoga motivazione di rispetto dei tagli alla spesa pubblica per quanto riguardava le ore di assistenza all’autonomia e la comunicazione. Con la sentenza n. 275/2009 si determina che non è il diritto dell’alunno con disabilità che deve cedere di fronte ai vincoli di bilancio, ma è “il bilancio che deve adeguarsi al diritto dell’alunno con disabilità”.
Adesso il dubbio che combattiamo ormai da anni, circa l’esistenza o meno del diritto all’inclusione, si pone con la motivazione della pericolosità della attuale pandemia, nonostante tutte le norme che prevedono la sospensione generalizzata delle lezioni, garantiscono agli alunni con disabilità il diritto alla frequenza in presenza in situazione “reale inclusione”, cioè con alcuni compagni di classe.