Con il Messaggio INPS 592/2025, l’Istituto nazionale fornisce chiarimenti relativi all’assegnazione d’ufficio dei carichi di cura.
L’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 48/2023 stabilisce che sono esclusi dagli obblighi di aderire a tutte le attività formative, di lavoro, nonché alle misure di politica attiva previste dall’esito della valutazione multidimensionale:
a) i beneficiari dell’Assegno di inclusione titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a sessanta anni;
b) i componenti con disabilità, ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato;
c) i componenti affetti da patologie oncologiche;
d) i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età, di tre o più figli minori, ovvero di componenti del nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza, come indicati nell’allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
La legge prevede che, nel calcolare l’importo dell’ADI, venga attribuito un criterio di equivalenza di 0,40 al componente maggiorenne a cui vengono riconosciuti carichi di cura, così come descritti alla lettera d) del comma 5 dell’articolo 6 del DL 48/2023.
Il Messaggio sopra menzionato spiega che, dall’inizio del 2025, tale attribuzione può essere effettuata d’ufficio se il carico di cura non è stato indicato nella domanda di accesso all’Assegno di inclusione. Spiega inoltre che i servizi sociali, nei casi in cui ciò sia necessario, provvedono a sostituire il membro familiare responsabile di tale carico con un altro membro maggiorenne del nucleo.
Grazie a questa novità, quindi, se una domanda è già stata accolta senza che nella determinazione dell’importo sia stato considerato il carico di cura effettivamente esistente per un membro over 18 della famiglia, esso verrà automaticamente ricalcolato e le somme che sarebbero spettate, in ragione di ciò, nei pagamenti precedenti, verranno versate in un’unica transazione economica.
Sempre con lo stesso atto, l’INPS precisa che, se la domanda per l’ADI, a causa della mancata applicazione del parametro 0,40 nella scala di equivalenza, è stata rifiutata, essa viene rivalutata e accolta. Naturalmente, sempre se il resto dei requisiti necessari sono presenti e comprovati. Inoltre, sempre a causa dell’attribuzione d’ufficio dei carichi di cura, se si è in presenza di due domande volte al riconoscimento del diritto all’Assegno di inclusione – la prima respinta e la seconda accolta – quella respinta viene considerata approvata e si pagherà fino al momento in cui inizia la seconda richiesta. A quel punto, saranno i pagamenti di quest’ultima ad essere versati.
Il Messaggio 592/2025 contiene anche l’aggiornamento del modello di domanda ADI, che è stato realizzato prevedendo al suo interno l’elenco delle strutture sanitarie che possono certificare lo stato di svantaggio del familiare che vi si trova, e una sezione in cui il richiedente può specificare a quale di queste si è effettivamente rivolto.
L’attestazione, o certificazione, dello stato di svantaggio può essere rilasciata per i componenti del nucleo familiare che rientrano nelle seguenti categorie:
- persone con disturbi mentali, in carico ai servizi sociosanitari, compresi gli ex degenti di ospedali psichiatrici;
- persone in carico ai servizi sociosanitari o sociali e persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale con grado di invalidità compreso tra il 46 e il 66 per cento, ai sensi dell’art. 1, lettera a) della legge 68/1999, che necessitano di cure e assistenza domiciliari integrate, semiresidenziali, di supporto familiare, ovvero inserite in percorsi assistenziali integrati, ai sensi degli articoli 21 e 22 del DPCM 12 gennaio 2017;
- persone con dipendenze patologiche, inclusa la dipendenza da alcool o da gioco, o con comportamenti di abuso patologico di sostanze, in carico ai servizi sociosanitari;
- persone vittime di tratta, in carico ai servizi sociali e/o sociosanitari;
- persone vittime di violenza di genere, in carico ai servizi sociali e/o sociosanitari, in presenza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria ovvero dell’inserimento nei centri antiviolenza o nelle case rifugio;
- persone ex detenute, nel primo anno successivo al termine della detenzione, e persone ammesse alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno, in carico agli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna, definite svantaggiate ai sensi del medesimo articolo, fermo restando il soddisfacimento del requisito di cui all’articolo 2, comma 2, lettera d);
- persone individuate come portatrici di specifiche fragilità sociali e inserite in strutture di accoglienza o in programmi di intervento in emergenza alloggiativa di cui all’articolo 22, comma 2, lettera g) della legge 328/2000, in carico ai servizi sociali;
- persone senza dimora iscritte nel registro di cui all’articolo 2, quarto comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia, in carico ai servizi sociali territoriali, anche in forma integrata con gli enti del Terzo Settore;
- persone iscritte all’anagrafe della popolazione residente, in condizione di povertà estrema e senza dimora, in carico ai servizi sociali territoriali, anche in forma integrata con gli enti del Terzo Settore, che: vivono in strada o in sistemazioni di fortuna; ricorrono a dormitori o strutture di accoglienza notturna; sono ospiti di strutture, anche per soggiorni di lunga durata, per persone senza dimora; oppure sono in procinto di uscire da strutture di protezione, cura o detenzione e non dispongono di una soluzione abitativa;
- neomaggiorenni, di età compresa tra i 18 e i 21 anni, che vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria che li abbia collocati in comunità residenziali o in affido eterofamiliare, individuati come categoria destinataria di interventi finalizzati a prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale, in carico ai servizi sociali e/o sociosanitari.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha, al riguardo, precisato che l’attestazione e la dichiarazione della condizione non sono necessarie per i nuclei familiari composti solo da una persona adulta e da una persona “in una delle condizioni di svantaggio” sopra elencate, così come non sono richieste per i membri familiari minorenni, di età pari o superiore a 60 anni, o con disabilità, come definita ai sensi del regolamento ISEE di cui al DPCM 5 dicembre 2013, n. 159.
Lo scorso 29 luglio 2025, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha reso pubblico il Messaggio 2388, attraverso il quale ha spiegato più nel dettaglio quali sono le modalità e le conseguenze dell’assegnazione d’ufficio dei carichi di cura, in particolare per coloro che usufruiscono del SFL, ovvero il Supporto per la Formazione e il Lavoro.
Il tema dell’attribuzione dei carichi di cura a un beneficiario del SFL è molto importante, poiché i due tipi di supporto sono incompatibili: ai soggetti che hanno accesso e si avvalgono del Supporto per la Formazione e il Lavoro non può essere riconosciuto lo 0,40 sulla scala di equivalenza connesso al carico di cura. Perciò, il beneficiario del SFL, anche quando non vi è un altro componente del nucleo familiare idoneo, non diventa destinatario dei suddetti carichi di cura.
Per le domande ADI sospese per assenza di comunicazione di eventuali variazioni occupazionali, la procedura è la seguente:
Il Messaggio 2388 chiarisce anche come riattivare le domande di quei soggetti che non hanno informato l’INPS delle loro nuove condizioni occupazionali, perché prima dell’attribuzione automatica da parte dello stesso del carico di cura le richieste sono state rigettate e, una volta rianalizzate e approvate, risultano sospese, appunto perché non è stato informato l’Istituto della diversa situazione lavorativa. In questo caso, la procedura da eseguire è la seguente:
Una volta ricevuta dall’INPS, per messaggio o mail, la notizia della sospensione della propria domanda per non aver comunicato il cambiamento della situazione lavorativa, il soggetto ha 60 giorni di tempo per inoltrare all’INPS il modello “ADI-com esteso” compilato. Tale trasmissione può essere fatta rivolgendosi al patronato, al CAAF di fiducia oppure alla sede INPS di riferimento.
Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
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