Decreto del Presidente della Repubblica 29 agosto 1991.
“Aggiornamento del Piano generale dei trasporti.”
(Pubblicato nella G.U. 12 novembre 1992, n. 267.)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Vista la legge 15 giugno 1984, n. 245, recante elaborazione del Piano generale dei trasporti;
Visto l’art. 4, secondo comma, della citata legge n. 245 del 1984, relativo all’aggiornamento del Piano generale dei trasporti;
Visto l’aggiornamento del Piano generale dei trasporti, approvato in data 28 marzo 1990 dal Comitato dei Ministri di cui all’art. 2 della predetta legge n. 245 del 1984;
Visto il parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nella riunione del 20 dicembre 1990;
Visti i pareri favorevoli espressi in data 5 giugno 1991 dalla 8 commissione permanente del Senato della Repubblica e in data 18 giugno 1991 dalla IX commissione permanente della Camera dei deputati;
Visto l’art. 1, comma 1, lettera ii), della legge 12 gennaio 1991, n. 13;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 agosto 1991;
Sulla proposta del Ministro dei trasporti;
Emana il seguente decreto:
Il piano generale dei trasporti è stato approvato con D.P.C.M. 10 aprile 1986.
1. L’aggiornamento del Piano generale dei trasporti previsto dall’art. 4, secondo comma, della legge 15 giugno 1984, n. 245, è approvato nel testo allegato al presente decreto.
Allegato
Aggiornamento del piano generale dei trasporti
(Documento di Sintesi)
1. PREMESSA
Si è diffusa una certa opinione che il Piano Generale dei Trasporti (PGT) abbia finora inciso scarsamente sulla evoluzione del comparto, fino quasi a risolversi in una elaborazione teorica non suscettibile di attivazione.
Se una simile opinione fosse valida, si dovrebbe poter dimostrare:
a) che il fondamento concettuale del PGT era lontano dalla realtà, tanto da non consentire una traduzione pratica delle indicazioni contenute nel documento;
b) che tali indicazioni, laddove si sia tentata la loro realizzazione, abbiano dato risultati non conformi alle esigenze.
Si dà, viceversa, esattamente il caso contrario: il Piano si è basato ed ha motivato il complesso delle sue formulazioni prospettiche sulla consapevolezza di una crescita della domanda di trasporto ad un ritmo che, considerato allora da molti come estremamente improbabile, si è dimostrato addirittura sottodimensionato rispetto all’effettivo «trend» degli anni intercorsi. A riguardo vale la pena di ricordare che le stime elaborate nel 1988 dal Prof. Leontief per la Segreteria Tecnica del PGT in attuazione del processo di aggiornamento del Piano, in particolare per quanto riguarda le merci, prevedono come linea tendenziale una domanda complessiva di trasporto pari a 1.690 milioni di tonnellate nel 2000 ed a 2.380 milioni di tonnellate nel 2015: entità che non può non preoccupare gravemente sia per la sua consistenza in assoluto, sia, e ancor di più, perché in assenza di concreti correttivi verrà a gravare in maniera preponderante sul già congestionato modo stradale. Al tempo stesso, le disfunzioni che si sono venute aggiungendo a quelle già denunciate dal PGT si sono avute proprio laddove e nella misura in cui si è smesso di dar seguito alle direttive del Piano.
Ne consegue che non il Piano è stato ed è di per sé poco incisivo nella realtà, ma che le azioni necessarie ad attivarlo hanno manifestato ritardi e carenze i cui effetti sono nella loro negatività evidenti agli occhi di tutti.
Cosicché non si tratta di rivedere l’impostazione di fondo del Piano, fino magari a metterne in crisi la stessa idea; si tratta di rendersi conto che il Piano è stato e non può che essere un punto di partenza, non di arrivo; un momento di riorganizzazione strategica la cui efficacia richiede coerenza, sistematicità e, soprattutto, volontà istituzionale e politica proporzionate alla complessità degli obiettivi da raggiungere.
Merita ricordare che il Piano non fu solo un atto politico, più o meno supportato da motivazioni tecniche, ma comunque fine a se stesso: fu il risultato di un ampio ed approfondito processo di elaborazione culturale, che sboccò su un terreno di unanime consenso politico e sociale verificato in sede parlamentare oltre che in sede tecnico-economica. Tutto ciò ne fa un documento essenziale di indirizzo e di riferimento per l’intero comparto, il segno di una svolta, un elemento di non ritorno nell’atteggiamento con il quale la comunità nazionale si dispone di fronte a problemi sempre più cruciali per la vita individuale e collettiva, quali i problemi della mobilità delle persone e delle merci.
Ma se questo è vero, allora rifarsi al Piano e commisurare ad esso il senso e la scala degli interventi via via oggetto di politica nel comparto non rappresenta un dato di libera scelta, quasi un superfluo da aggiungere ad arbitrio al quadro delle valutazioni e delle opzioni che guidano l’azione in concreto, ma una immancabile componente nella costruzione di una linea nella quale la direzione e la dimensione dei singoli atti non sono più importanti della loro coerenza di insieme e della sinergia che ne può e ne deve derivare.
Il presente documento sintetizza le osservazioni e le indicazioni propositive finalizzate all’aggiornamento del PGT, quali risultano al termine del lavoro svolto a riguardo con il supporto dell’istruttoria tecnica di base ad opera dell’Istituto Superiore Trasporti.
(omissis)
4.7. Trasporto urbano.
Nel periodo intercorso dalla emanazione del PGT, in questo settore si sono accentuati i fenomeni rilevati allora, così da rendere ancora più urgenti le azioni pianificatorie proposte.
In particolare, lo sviluppo dell’economia dei servizi caratteristico della società post-industriale ha determinato un aumento della domanda di mobilità nell’urbano più che proporzionale rispetto a quello, già fortissimo, che circa quattro anni or sono poteva prevedersi.
La situazione è giunta pertanto ad uno stadio che non sembra eccessivo definire drammatico. Il problema della mobilità a livello locale è diventato primario non solo nelle grandi aggregazioni metropolitane, ma via via nei centri minori, accelerando esiti che solo pochi anni fa si potevano prevedere, ed erano stati previsti dal PGT, ma non così imminenti. L’entità del fenomeno è accresciuta dalla diffusione della tipologia urbana: non va infatti dimenticato che nelle medie e nelle grandi concentrazioni urbane è ubicato il 55% della popolazione, ha sede il 70% dell’attività produttiva, si svolge l’80% dei processi di movimentazione delle merci. Da qui la rilevanza, anche in linea tendenziale, dei fattori negativi che coinvolgono tali aree e, conseguentemente, il significato che la cosidetta «questione urbana», finora relegata ad un rango meramente localistico, è venuta ad assumere a livello nazionale.
Altrettanto drammatica è la acquisita certezza che nessuna delle istituzioni competenti, a livello nazionale e locale, ha preso alcuna decisione al riguardo, che non sia di carattere estemporaneo e dunque totalmente inefficace. Il PGT aveva individuato in termini quantitativi e qualitativi la dimensione del problema e aveva identificato un modello di comportamento per i soggetti interessati che, attraverso l’integrazione dei poteri e delle competenze, avrebbe condotto ad una unitaria ed efficiente gestione.
Le tematiche individuate risultavano articolate su tre diversi livelli, tuttavia intimamente correlati.
Il primo concerneva il governo dei flussi di traffico persone e merci in entrata ed in uscita dalle grandi aree urbane ad impianto radiocentrico e dai sistemi urbani diffusi: definiti da strutture nodo-lineari e morfologia reticolare.
Per queste grandi aggregazioni insediative le indicazioni concernevano, come si è già detto al paragrafo 2.6., l’attuazione di «progetti integrati», vale a dire grandi progetti da realizzare con il concorso solidale di Amministrazioni, Enti, Aziende pubbliche e finalizzati all’organizzazione, all’interno dell’area urbana, dei processi di interscambio tra i flussi di traffico originati all’esterno e quelli interni all’area urbana.
Il D.M. del 20 marzo 1987 conteneva la completa definizione della struttura istituzionale, tecnica e gestionale dei progetti integrati. Tuttavia finora non ha avuto seguito né a livello centrale né a livello locale (benché avesse ricevuto, fra l’altro, avallo unanime delle Regioni presenti nel Comitato dei Ministri del PGT).
Il secondo livello di problemi affrontati dal PGT riguardava i piani della mobilità dell’«area centrale urbana». Questi piani – sulla cui struttura il PGT non forniva indicazioni operative – sono il completamento «interno all’area urbana»; dei progetti integrati, che, come si è detto, erano finalizzati alla organizzazione dei processi di interscambio tra flussi esterni ed interni all’area urbana. Essi, d’altra parte, hanno trovato esplicitazione nella circolare n. 2575 dell’8 agosto 1986, cui si richiama, fra l’altro, l’art. 3 della legge n. 122 del 24 marzo 1989 sui parcheggi.
La competenza evidentemente, in questo caso, è essenzialmente dell’Ente Locale; tuttavia esistono anche all’interno delle aree centrali urbane infrastrutture (soprattutto ferroviarie) che adottando nuovi modelli funzionali di esercizio, possono contribuire allo smaltimento dei flussi di traffico. In tutti e due i livelli considerati, il problema è anzitutto infrastrutturale: il contenimento (ma sarebbe più opportuno parlare di drastica riduzione) del trasporto veicolare privato si può perseguire potenziando il trasporto pubblico. E questo è ottenibile soltanto creando reti di trasporto separate e indipendenti, condizione necessaria per raggiungere velocità commerciali accettabili dall’utenza.
Su questa linea si collocano una serie di provvedimenti successivi al PGT e ispirati alle sue direttive, che però non hanno finora prodotto risultati di rilievo. Ci si riferisce alla citata Legge 24 marzo 1989, n. 122, all’art. 2 della Legge 910/86 finalizzata all’ammodernamento delle ferrovie concesse (in quanto parzialmente utilizzabili in sede urbana), al D.D.L. sul trasporto rapido di massa, nonché alla normativa di finanziamento delle infrastrutture per i Campionati Mondiali di Calcio e, relativamente alle regioni meridionali, alla Legge n. 64/86.
A tale fine i benefici dei sopracitati provvedimenti di legge vanno estesi anche alle aree urbane diffuse individuate dal PGT per le quali si stanno predisponendo i relativi Progetti Integrati.
La scarsa incisività di tali misure rafforza il convincimento che un’azione realmente efficace circa il trasporto urbano richiede una forte concentrazione di mezzi e di decisioni strategiche, pur in un ambito istituzionale a competenze decentrate. Occorre quindi conciliare al massimo l’impegno dello Stato a garantire la mobilità in tutto il territorio nazionale come risposta ad una esistenza sociale assoluta, da un lato, e con la partecipazione attiva ed organica degli Enti locali, dall’altro. E’ opportuno cioè che si elabori una strategia a livello nazionale che, nel rispetto delle autonomie locali e tramite eventuali sinergie tra risorse pubbliche e private, consenta di tenere adeguato conto delle esigenze delle singole realtà.
Il terzo livello delle problematiche sollevate dal PGT nell’ambito urbano riguardava il trasporto pubblico locale.
In questo quadro trova conferma la validità del Fondo Nazionale Trasporti in conto esercizio e in conto capitale di cui alla Legge 151/81 e recepita dal PGT, in quanto espressione dell’esigenza che lo Stato garantisca una soglia minima di finanziamento per assicurare la mobilità locale come diritto costituzionalmente protetto; ciò anche se tale normativa va sicuramente e al più presto aggiornata.
Tale processo di aggiornamento dovrà tener conto di quanto previsto in merito dalle leggi 160/89, 158/90 e 385/90. L’applicazione di tali provvedimenti legislativi comporterà necessariamente una rilettura del fondo stesso.
Trova altresì conferma la logica delle priorità del mezzo pubblico come risposta vincente, su scala generale, ad una domanda di trasporto delle persone sempre più massiccia e diffusa. La valutazione dell’entità dei costi da affrontare a tale scopo richiede un confronto con l’ammontare delle diseconomie inevitabili e crescenti in un contesto di disorganizzazione come l’attuale.
In tale contesto, l’obiettivo dell’economicità di gestione delle aziende di trasporto pubblico locale è un obiettivo da perseguire: ma il suo conseguimento incontra un limite nella necessità di coniugare la copertura dei costi con l’appetibilità del servizio pubblico da parte dell’utenza. Ciò significa che la manovra tariffaria dovrà essere effettuata all’interno, e non all’esterno della linea di spostamento delle condizioni di offerta di detto servizio verso livelli di qualità che lo rendano via via preferibile e competitivo rispetto al mezzo privato.
E’ quindi quantomeno necessaria la determinazione di concerto con il Ministero delle Aree Urbane di criteri complessivi ed omogenei volti a garantire l’efficienza e la trasparenza delle gestioni attraverso:
a) una metodologia uniforme, da concordare con le Regioni, per la individuazione dei costi ammissibili relativi all’esercizio delle varie tipologie di servizio;
b) la fissazione unitaria del prezzo del servizio economicamente idoneo a coprire i costi ammissibili sulla base di un utilizzo predeterminato del servizio pubblico offerto, a seconda del livello di socialità ad esso attribuito;
c) la ripartizione delle compensazioni finanziarie basate su livelli generali di offerta a carico dello Stato (differenza tra prezzo e tariffa) e livelli sociali specifici per fasce o categorie di utenza a carico degli Enti esponenziali dei corrispondenti interessi (differenza fra tariffa e sconto).
Attenzione va posta in particolare a quelli che il PGT ha individuato come strumenti-chiave della politica del trasporto urbano e, in primo luogo, ai progetti integrati più volte richiamati. Si deve riconoscere che la loro valenza giuridica è troppo limitata: converrà pertanto rafforzarla, allo scopo di disporre di uno strumento non solo di indirizzo, ma anche di programmazione e di pianificazione. Il che può avvenire per mezzo di una trasformazione dei progetti stessi in direttive CIPE (in attesa del CIPET) o in D.P.C.M.
Inoltre i piani della mobilità a livello locale, di cui si è già detto, andranno riscattati dalla prassi prevalente degli interventi empirici secondo la quale basterebbe fissare dei limiti alla circolazione, apporre dei divieti o creare dei sensi unici per risolvere problematiche molto più complesse perché prodotte dallo stesso tipo di vita associata raggiunta dal nostro Paese.
In tale disciplina dovrà rientrare, ad esempio, un nuovo e più lungimirante sistema di governo dei processi legati alla distribuzione commerciale (ubicazione di aree mercato, programmazione di aree alle periferie urbane per la gestione dello smistamento merci in città, fasce orarie di ingresso previi attenti studi sulla domanda, dimensione dei vettori, ecc.) nonché allo smaltimento dei rifiuti sia urbani che industriali.
Dovrà rientrarvi altresì l’incentivazione ad introdurre sistemi di trasporto in condotta per la distribuzione soprattutto di prodotti energetici in ambito urbano, oggi affidata praticamente soltanto all’autotrasporto con pesanti conseguenze per la congestione veicolare e per la pericolosità.
Dovrà rientrarvi, ancora, l’utilizzo di tratte di linee su gomma e su ferro extraurbane per collegamenti di natura urbana; e ciò non solo nel rispetto della Legge 160/89, ma nell’ambito di precise prescrizioni derivanti da piani di bacino disposti dalle Regioni e intesi ad eliminare la patologia della falsa concorrenzialità fra modi di trasporto.
In tale logica, se è vero che la Legge 160 ha inteso razionalizzare il quadro concessionale passando da un’amministrazione atomizzata in atti contingenti dettati dalle richieste del momento ad un’amministrazione operante in funzione di un programma, è anche vero che tale meccanismo è rimasto finora come sospeso. Bisogna pertanto rafforzarne l’incisività realizzando una reale forma di coordinamento attraverso l’uniformazione della condotta dei soggetti amministrativi interessati e l’integrazione in un quadro sistematico di rete dei singoli momenti concessionali. Ciò richiede che dal Governo partano indirizzi cogenti alle Regioni e che siano fissati criteri e parametri omogenei, tali da rendere organica l’attività delle Regioni stesse nel campo dell’autotrasporto locale di persone.
Il PGT, i Piani Regionali dei Trasporti ed i piani di bacino costituiscono il substrato giuridico del processo di razionalizzazione iniziato con la Legge 160, ma si richiedono strumenti piú adeguati, quali:
a) la non concorrenzialità prima richiamata;
b) un modello certo e uniforme per l’individuazione delle condizioni economiche di equilibrio (costo standard) non influenzabili dalle contingenze di cassa, ma ancorate ad una logica di coerenza concessionale e tariffaria;
c) il potere sostitutivo del Ministero dei Trasporti e del Ministero delle Aree Urbane, guida e controllo della razionalizzazione in parola.
A base dell’azione organica da promuovere si colloca comunque il sostengo che lo Stato deve fornire alle iniziative degli Enti locali per il controllo e la pianificazione del trasporto urbano sul terreno tecnico-operativo, sostegno che deve esercitarsi sia nella promozione – anche e soprattutto con la collaborazione delle Regioni di iniziative per la diffusione di servizi mirati in tal senso in sede comunale, sia nell’attribuzione alle stesse Regioni ed ai Comuni di mezzi finanziari idonei ad acquisire il know-how e le strutture necessarie. In questo contesto deve rientrare anche un sistema integrale di facilitazioni all’uso del mezzo pubblico in termini di confortevolezza, economicità e sicurezza (tariffe trasparenti e omnicomprensive per più modi di trasporto anche di differente gestione, impianti e servizi complementari finalizzati all’assistenza per l’attesa e il trasbordo ecc.).
Il PGT deve poi essere integrato o comunque attuato laddove si tratta di utilizzo su scala diffusa delle tre e delle due ruote, specialmente nell’ambito cittadino: un mezzo finora mantenuto ad un rango del tutto secondario e complementare, quando non addirittura di «colore» giornalistico, che invece potrebbe, se adeguatamente sostenuto e disciplinato, rappresentare una valida risorsa ai fini dell’alleggerimento del traffico nei grandi e piccoli aggregati con tutti i conseguenti vantaggi in tema di tutela dell’ambiente e di economia.
In particolare le «tre ruote» potrebbero, attraverso opportuni incentivi tramite organi locali, essere protagoniste di un vero e proprio rinnovamento dell’assetto della distribuzione commerciale.
(omissis)
5. GLI INTERVENTI MODIFICATIVI DA COMPIERE SULLE «AREE» PRIMA, TERZA E QUARTA DEL PIANO.
5.4. «Area» quarta.
Quanto all’«area» quarta del PGT, i temi che maggiormente presentano esigenze, se non di vero e proprio aggiornamento, quantomeno di sottolineatura o di integrazione riguardano: l’ambiente, l’energia, la sicurezza, la ricerca, l’informatizzazione, il mondo del lavoro, l’accesso alla mobilità per gli individui con ridotte capacità motorie.
(omissis)