Delega sulla povertà approvata al Senato
Ha suscitato un diffuso favore l’approvazione in via definitiva della “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali” (Atto del Senato 2494), ma anche alcune affermazioni largamente premature trattandosi appunto di una delega al Governo che deve tradursi in specifici decreti e indicazioni operative.
Certamente il tema della povertà assoluta, che interessa in Italia un numero imponente di cittadini – circa 4.3 milioni di individui -, è entrato nell’agenda politica da qualche anno anche con l’introduzione, pur in via sperimentale, di alcune misure (ad esempio la Carta SIA, Sostegno all’Inclusione Attiva) e con l’accantonamento di 1.180 milioni per il 2017 e 1.240 per il 2018.
La nuova legge delega è quindi nel solco di precedenti disposizioni: dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015, art. 1 commi 386 e seguenti) al decreto del Ministero del lavoro 26 maggio 2016 che ha istituito il SIA.
Nell’approvare la legge delega il Senato fornisce indicazioni, principi e criteri a cui il Governo dovrà attenersi nella definizione delle politiche e dei servizi di contrasto alla povertà.
L’obiettivo più evidenziato è il Reddito di inclusione (REI) che dovrebbe essere – teoricamente – una misura universalistica cioè rivolta a chiunque si trovi in una situazione di povertà assoluta. In realtà l’universalismo, al momento, non sembra essere garantito adeguatamente dato che l’ipotetico numero di beneficiari potenziali e i contemporanei limiti di stanziamento, pur notevoli, non appaiono sufficienti. Non a caso se ne prevede già la necessità di incremento progressivo per la compiuta realizzazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale previsto dalla legge 208/2015.
Fra gli aspetti da regolare ci sono i criteri operativi per l’individuazione dei beneficiari; la legge delega prevede sia fissata una priorità verso i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione.
La prova dei mezzi
Già alcuni elementi generali vengono però fissati.
Il reddito di inclusione sarà condizionato alla prova dei mezzi. Ma a quali criteri si farà riferimento?
La povertà viene definita come “impossibilità di disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso”.
Dalla lettura del testo sembra che non si farà riferimento all’ISEE così come lo conosciamo (DPCM 159/2013). Si prevede infatti che la valutazione della povertà avvenga “sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo conto dell’effettivo reddito disponibile e di indicatori della capacità di spesa (…).”
In attesa del decreto attuativo si può ipotizzare che non si faccia integralmente riferimento all’Indicatore della Situazione Patrimoniale (che incide sull’ISEE) o che esso venga considerato solo per alcune componenti o con franchigie più elevate. Gli indicatori della capacità di spesa poi potrebbero affiancare o essere estrapolati dall’ISEE come aggiuntivi fattore di discrimine.
Non si tratta di elementi marginali perché da essi può dipendere o meno l’accesso al Reddito di Inclusione (ReI). Ad esempio se le prestazioni assistenziali (es. pensioni, indennità per minorazioni civili) fossero contemplate fra gli indicatori di capacità di spesa, dal Reddito di inclusione potrebbero essere escluse un certo numero di persone con disabilità pur in situazione di bisogno economico, come già in larga misura avviene con il SIA.
Questi aspetti saranno più chiari quando sarà elaborato e redatto il decreto applicativo.
Il progetto personalizzato
L’altra condizione generale per accedere al ReI è l’adesione a un progetto personalizzato “di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà (…)”. Traspare l’intento di non creare condizioni di dipendenza assistenziale, promuovendo al contrario politiche attive di inclusione.
La legge delega prevede che il progetto personalizzato sia predisposto, negli ambiti territoriali di riferimento, da un’équipe multidisciplinare dopo una valutazione multidimensionale del bisogno, in collaborazione con i servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione. Viene espresso il principio della piena partecipazione dei beneficiari alla predisposizione dei progetti.
A ben vedere la previsione normativa è nel solco della legge 328/2000 (riforma dell’assistenza) ma rilancia, in modo certamente ambizioso, la necessità di integrazione e potenziamento dei servizi.
Tale tentativo di ripensamento degli interventi e delle politiche, in realtà, è rilevante in vari punti della legge delega, quali il potenziamento delle capacità di presa in carico, il sistema di monitoraggio e di rilevazione statistica (Casellario e non solo), la razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per una migliore efficacia amministrativa, il ruolo più forte dello stesso Ministero nella verifica del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni.
L’istanza, largamente diffusa, di uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale, nella legge delega almeno, viene recepita. Si vedrà poi se sarà effettivamente garantita e resa operativa.
Sia per la realizzazione dei progetti personali che per la qualificazione della presa in carico dei beneficiari si prevede di attingere alle risorse afferenti ai programmi previsti dall’Accordo di partenariato per l’uso dei fondi strutturali europei 2014-2020.
Il riordino delle prestazioni assistenziali
Fra gli oggetti di delega c’è anche il riordino delle prestazioni assistenziali che attualmente sono finalizzate al contrasto della povertà. Son escluse dall’intervento le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana non più in età di lavorativa, quelle a sostegno della genitorialità e quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario (quindi tutte le pensioni, gli assegni per minorazioni civile).
Le prestazioni di contrasto alla povertà dovrebbero essere riassorbite nel Reddito di Inclusione compresa la “carta acquisti”.
I nuovi requisiti saranno applicati sulle prestazioni successivamente erogate. Le eventuali economie per la finanza pubblica derivanti dal riordino saranno destinate all’incremento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
I decreti legislativi
Le norme applicative della legge (uno o più decreti) dovrebbero essere approvati entro sei mesi dall’entrata in vigore della norma.
L’attività di redazione delle norme, su cui risulta che siano già in corso le relative elaborazioni, appare particolarmente delicata e impegnativa sia sotto il profilo tecnico che politico, dovendo declinare operativamente non solo i diversi criteri di accesso, ma anche strutturare un congruente sistema di servizi, competenze, attribuzioni.
10 marzo 2017
Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
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Consulta:
Atto del Senato n. 2494 “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali”