Lavoro notturno e parenti di persone con disabilità
Lo svolgimento del lavoro notturno è stato oggetto di numerosi interventi legislativi. La Legge 9 dicembre 1977, n. 903 prevedeva alcune forme di tutela nei confronti delle lavoratrici in stato di gravidanza, le quali, già allora, non potevano venire impiegate nel lavoro notturno.
Successivamente l’articolo 17 della Legge 5 febbraio 1999, n. 25 ha introdotto ulteriori novità a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori che debbano assistere figli o familiari.
Queste indicazioni, poi riprese anche dal “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” (Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, articolo 53), indicano con chiarezza quali sono i lavoratori che non possono obbligatoriamente essere adibiti al lavoro notturno.
La prima categoria interessata dall’agevolazione sono le lavoratrici madri di un figlio di età inferiore a tre anni o, alternativamente, i padri conviventi con le stesse.
La seconda categoria è quella della lavoratrice o del lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni.
Con queste due indicazioni il Legislatore ha voluto riconoscere la prevalenza dell’assistenza ai figli rispetto all’organizzazione del lavoro.
Lavoratori e familiari disabili
La normativa vigente prevede anche una terza categoria che non può essere obbligatoriamente adibita al lavoro notturno. Si tratta dei lavoratori che “abbiano a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della Legge 5 febbraio 1992, n. 104“.
Circa la locuzione “a carico” il Ministero del lavoro, con la Risoluzione n. 4 del 6 febbraio 2009, ha fornito alcune precisazioni.
Il Ministero si rifà alle indicazioni della Legge 104/1992 (che pur non tratta di lavoro notturno), sostenendo che la definizione “a carico” vada ricollegata e resa omogenea a quanto disposto dalla quella norma a proposito della concessione dei permessi lavorativi.
Pertanto il disabile va considerato “a proprio carico” anche si fini dell’esenzione dal lavoro notturno quando il lavoratore presti a questi effettiva assistenza.
Il Ministero riprende, a tal proposito, le indicazioni della Circolare INPS 23 maggio 2007 n. 90, adottando il principio che “tale assistenza non debba essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità.”
Va ricordato che l’INPS non ha mai precisato i concetti di “sistematicità” e “adeguatezza”, lasciano quindi ampio margine interpretativo alla proprie Sedi periferiche e ai datori di lavoro.
Quando inizia la notte
Che cosa si intende per lavoro notturno? Per rispondere in modo aggiornato è necessario fare riferimento al Decreto Legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003 (in attuazione della Direttiva comunitaria n. 34 del 2000), disposizione molto importante perché fissa nuove regole per l’orario di lavoro nel settore pubblico e privato. Peraltro questo decreto conferma le limitazioni al lavoro notturno di cui abbiamo parlato sopra. È in questa norma che troviamo le definizioni che ci servono.
Viene considerato “periodo notturno” l’arco di tempo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino (ad esempio i turni dalle 22 alle 6).
Viene considerato “lavoratore notturno” qualsiasi lavoratore che svolga almeno tre ore del proprio orario di lavoro giornaliero durante il periodo notturno. E questo vale in generale.
Inoltre può essere considerato lavoratore notturno anche chi svolge, nell’arco dell’anno, almeno una parte del proprio orario di lavoro durante il periodo notturno, secondo le norme definite dai singoli Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno.
Nel caso ricorra una di queste fattispecie, il lavoratore che dimostri di avere a carico (con i problemi interpretativi che dicevamo) una persona con handicap non è obbligato a prestare lavoro notturno e l’azienda deve conseguentemente adeguare turni e orario dell’interessato.
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