La sentenza 1644/2025 della Corte d’appello di Milano, accogliendo il ricorso avverso la sentenza 7964/2024 del Tribunale Ordinario di Milano, ha affermato che le spese previste per l’assistenza socioassistenziale fornita durante il ricovero in residenze sanitarie assistenziali (RSA) non possono essere suddivise tra la persona ricoverata e la Regione, quando queste sono imprescindibili per la fornitura di prestazioni a carattere sanitario.

In questo caso, infatti, secondo la normativa di settore (art. 3, commi 1 e 3 del DPCM 14.02.2001), i costi dei servizi socioassistenziali sono completamente a carico del Sistema Sanitario regionale.

GIUDIZIO DI PRIMO GRADO

Nel giudizio di primo grado, il signor X ha presentato ricorso nei confronti della persona responsabile della gestione della RSA dove era ricoverata la madre, al fine sia di far riconoscere alla Corte che il pagamento richiestogli della retta non era dovuto e conseguentemente, la nullità dell’impegno al suddetto pagamento assunto, in via contrattuale, al momento del ricovero.
La nullità o inefficacia del contratto risiede, per la suddetta parte processuale, nella sua contrarietà a norme imperative, ex art. 1418 c.c.
Le norme imperative violate, a cui fa riferimento, sono naturalmente quelle già menzionate del DPCM del 14 febbraio 2001.

Secondo il signor X, quindi, poiché la madre, una persona con demenza senile, deficit cognitivo, diabete mellito, pancreatite cronica, uveite e problemi di vista all’occhio sinistro, riceveva nell’RSA dove era ricoverata cure mediche strettamente connesse con le prestazioni sanitarie, il costo delle stesse è da considerarsi responsabilità solo del sistema sanitario regionale e non dell’utente.

Il Tribunale milanese ha rigettato interamente il ricorso della parte attorea, affermando tra le sue motivazioni che la signora era affetta da malattie non particolarmente invalidanti e in condizioni tali da essere ancora autonoma e indipendente.
Soprattutto, per il giudice di primo grado non vi era un legame di inscindibilità tra le prestazioni sanitarie e quelle assistenziali.
Egli, con la sua sentenza, ha pertanto stabilito che il contratto stipulato al momento dell’accesso della signora nella residenza rimaneva valido e il versamento della retta restava a carico della sua famiglia.

SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO

Il signor X ha quindi presentato appello alla Corte competente, che, come detto all’inizio, ha dichiarato l’impugnazione fondata e, di conseguenza, sovvertito il verdetto di primo grado.
Vediamo insieme le motivazioni poste a fondamento della decisione del giudice d’appello.

Innanzitutto, la Corte ha rammentato che “la gratuità delle prestazioni ricorre per quelle sanitarie a rilevanza sociale e per quelle a carattere sociosanitario ad elevata integrazione sanitaria”, come previsto dal più volte ricordato DPCM del 2001. In questi casi, la legge prevede che i costi assistenziali siano coperti dal sistema sanitario.

Essa ribadisce poi che, stando a quanto stabilito da una consolidata giurisprudenza della Cassazione, “le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono presenti ogni qualvolta le prestazioni sanitarie non possono essere eseguite se non congiuntamente all’assistenza socioassistenziale”.
Cioè, quando queste ultime sono talmente interconnesse e legate da un profondo vincolo di necessità e strumentalità alle prime da doversi riconoscere come loro parte integrante ed essenziali per assicurare  la salute della persona interessata.

In poche parole, la retta delle RSA, o di un’altra struttura con la stessa funzione, e più in generale l’onere economico delle prestazioni socioassistenziali, sono a carico della pubblica amministrazione nei casi in cui queste siano imprescindibili e inseparabili da e per quelle sanitarie.

Sempre secondo la Suprema Corte, l’impossibilità di separare le cure medico-sanitarie dall’assistenza di altro tipo sussiste laddove l’utente sia destinatario di un “piano terapeutico personalizzato non connotato da occasionalità”.

La Corte d’appello, nel pronunciarsi, ha ricordato anche che l’incorporazione funzionale dell’assistenza socioassistenziale con quella sanitaria può verificarsi in presenza di diverse malattie degenerative, come la demenza senile, e non esclusivamente nel caso di una persona con  l’Alzheimer, come sostenuto in altre sentenze.

Il punto centrale della questione risiede esclusivamente nell’appurare se, in relazione alla condizione della persona, “siano necessarie, per assicurarle la tutela del suo diritto alla salute e alle cure, prestazioni di natura sanitaria che non possono essere eseguite se non insieme a quelle socio-assistenziali”.

Accertato che le condizioni di salute della madre dell’appellante erano tali da richiedere un trattamento sanitario personalizzato, i giudici di secondo grado hanno dichiarato nullo l’impegno che egli aveva assunto di pagare la retta del ricovero, ribaltando la sentenza precedente.

 

News a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
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