Con la sua prima Raccomandazione (n. 1/2025), il Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità ha fatto chiarezza in merito all’accesso dei terapisti autorizzati alla classe del ragazzo con disabilità che devono seguire.
Va ricordato che tale Autorità nazionale è stata istituita con l’obiettivo di creare un’istituzione autonoma e indipendente, dotata di poteri di vigilanza e monitoraggio sul rispetto dei diritti delle persone con disabilità, capace di indicare modalità per superare ed eliminare prassi o azioni discriminatorie e/o in violazione di tali diritti.
Questo documento rientra pienamente in tale prerogativa.
Tutto è partito dalla segnalazione di una madre di un alunno con sindrome dello spettro autistico, che ha denunciato l’impossibilità di far entrare in classe, nelle giornate preventivamente comunicate, il medico della ASL incaricato di assistere il figlio, come previsto dal piano terapeutico di cui è destinatario. Il diniego derivava dalla mancata autorizzazione di tutti gli altri genitori del gruppo classe.
Ricevuta la segnalazione, il Garante ha svolto un’indagine sulle regole adottate nei diversi istituti in tutta Italia, rilevando che il rifiuto dell’accesso dei terapisti alle classi dove si trovano alunni con disabilità rappresenta una prassi diffusa.
Alcune scuole, oltre a richiedere l’autorizzazione da parte dei genitori di ciascun compagno di classe, domandano anche la presentazione del casellario giudiziario del professionista, creando così un ostacolo burocratico ingiustificato. La professionalità e la competenza del medico o dell’operatore sanitario incaricato risultano infatti già verificate in virtù del loro rapporto di lavoro con la ASL o con enti autorizzati. Rientrano tra i professionisti sanitari esterni che possono prestare assistenza durante l’orario scolastico i soggetti iscritti ai rispettivi ordini professionali e incaricati dalla ASL competente, dagli enti o strutture accreditate e/o autorizzate ai sensi della normativa vigente, oppure appartenenti all’équipe multidisciplinare prevista nel piano terapeutico, nel progetto riabilitativo, assistenziale o nel progetto di vita dell’alunno con disabilità. Altri istituti scolastici, invece, richiedono l’autorizzazione del Dirigente Scolastico. Il Garante, in questo documento, sottolinea come tali procedure e richieste di autorizzazione compromettano, di fatto, il pieno godimento del diritto all’inclusione scolastica, riconosciuto sia dal diritto nazionale che da quello internazionale.
Analizzando il diritto interno e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, la Raccomandazione evidenzia che “il diritto allo studio degli alunni con disabilità si realizza, secondo la normativa vigente, attraverso l’integrazione scolastica, che prevede l’obbligo dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno, alle quali concorrono a livello territoriale, con proprie competenze, anche gli Enti Locali e il Servizio Sanitario Nazionale. La comunità scolastica e i servizi locali hanno pertanto il compito di ‘prendere in carico” e di occuparsi della cura educativa e della crescita complessiva della persona con disabilità, fin dai primi anni di vita. Tale impegno collettivo ha una meta ben precisa: predisporre le condizioni per la piena partecipazione della persona con disabilità alla vita sociale, eliminando tutti i possibili ostacoli e le barriere, fisiche e culturali, che possono frapporsi fra la partecipazione sociale e la vita concreta delle persone con disabilità.”
Pertanto, il PEI (Piano Educativo Individualizzato), per essere realmente finalizzato a garantire allo studente, suo beneficiario, la possibilità di essere parte attiva della propria classe e di ricevere un’istruzione di qualità, deve tenere conto del piano terapeutico a lui indirizzato e necessario in ragione della sua condizione di disabilità. Tra le motivazioni alla base delle raccomandazioni, il Garante Nazionale evidenzia inoltre che l’autorizzazione da parte dei genitori dei compagni di classe non è necessaria, poiché l’assistenza prestata dal professionista esterno non comporta contatto o interazione diretta con gli altri studenti, ma riguarda esclusivamente l’alunno che ne è destinatario.
La presenza del medico o dell’operatore sanitario, proprio per le ragioni sopra esposte, non viola il diritto alla privacy dei compagni dello studente con disabilità, rendendo le richieste di autorizzazione solo un’ulteriore barriera all’inclusione scolastica. Sulla base di queste motivazioni, il Garante raccomanda che, in caso di accesso alla classe da parte di un professionista sanitario esterno, come sopra definito, necessario per l’attuazione del progetto personalizzato in favore di alunni e studenti con disabilità, debba essere rilasciata esclusivamente l’autorizzazione del Dirigente Scolastico.
Tale autorizzazione deve essere preceduta dalla comunicazione dell’accesso ai docenti e ai genitori degli altri alunni della classe interessata, nonché dalla dichiarazione dello specialista relativa al rispetto delle norme sulla riservatezza, con l’impegno a non interagire direttamente con gli alunni non interessati. Ne consegue la necessità di modificare, in tal senso, i regolamenti scolastici che prevedono procedure diverse. In essi non deve essere inclusa la richiesta di consenso dei docenti o dei genitori degli altri studenti per consentire l’ingresso in classe del professionista esterno, poiché tale intervento, per la sua importanza, “non può essere sottoposto, e quindi limitato, ritardato ovvero negato, in caso di mancato consenso da parte anche di uno solo dei soggetti coinvolti.”
Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex
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