Con la sentenza n. 76 del 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcune previsioni normative relative al trattamento sanitario obbligatorio (TSO), sancite nella legge n. 833 del 23 dicembre 1978, recante “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”, nella parte in cui non prevede che la persona sottoposta al suddetto trattamento, o un suo eventuale legale rappresentante, venga informata del provvedimento del sindaco che lo dispone, né della convalida da parte del giudice tutelare dello stesso. Soprattutto, la Corte ha ritenuto in contrasto con i diritti di rango costituzionale l’assenza dell’obbligo per il giudice tutelare di confermare il TSO solo dopo aver ascoltato la persona interessata.

La Corte, nella sentenza in oggetto, riprendendo anche la propria precedente giurisprudenza, ha ricordato che l’istituto costituisce un trattamento obbligatorio e coattivo, ovvero attuato contro la volontà della persona, e che ha come unica ragion normativa di esistere l’obiettivo di curare la persona sottopostavi.

L’articolo 32 della Carta costituzionale stabilisce che nessuno può essere sottoposto obbligatoriamente a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, e che tale disposizione non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Questa norma, di conseguenza, contiene sia la ratio del TSO, sia i limiti che la sua disciplina e la sua attuazione devono rispettare. Esso deve essere applicato e considerato come “l’ultima spiaggia”, l’ultimo strumento disponibile per garantire concretamente il diritto alla salute dell’individuo.

Inoltre, proprio per la sua natura coattiva, in quanto misura imposta con la forza, il TSO incide e limita il diritto alla libertà personale, diritto riconosciuto e tutelato dall’articolo 13 della Costituzione.
In relazione a ciò, nelle motivazioni giuridiche della sentenza in esame si sottolinea che: “il trattamento sanitario obbligatorio, per sua stessa natura, si pone nel crinale tra la libertà di autodeterminarsi in materia di salute e la regola del consenso, da un lato, e l’esigenza di protezione della salute della persona stessa, dall’altro, che giustifica in via d’eccezione un trattamento contro la sua volontà.”

Le condizioni psichiche della persona interessata dal procedimento di disposizione e convalida del TSO non costituiscono, però in alcun modo una causa giustificativa della limitazione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa. La necessità generale di fare tutto il possibile per ottenere il massimo livello possibile di consenso al trattamento medico da parte dell’individuo, infatti, è ribadita in numerosi precedenti giurisprudenziali della Corte costituzionale, nonché nella legge n. 219 del 2017.

In aggiunta, i giudici hanno evidenziato come, nel nostro ordinamento, siano previste altre procedure giurisdizionali che incidono sui diritti e sulle libertà individuali — come la nomina di un amministratore di sostegno — le quali prevedono che la persona interessata sia ascoltata e possa agire autonomamente nel procedimento.
Ancora, la Corte costituzionale  ha sottolineato che tali lacune normative costituiscono una violazione, oltre che dei principi costituzionali, anche degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sanciscono rispettivamente il diritto a un equo processo e il diritto a un ricorso effettivo. Non dando alla persona la possibilità di essere ascoltata e neppure di venire a conoscenza dell’atto  di disposizione del TSO, né del successivo provvedimento giudiziario di convalida, entrambi questi diritti risultano negati.

Riassumendo, la sentenza impone al legislatore — citando anche il Report tematico sull’Italia del Comitato permanente contro la tortura di rafforzare le garanzie di difesa e partecipazione delle persone sottoposte a TSO, in linea con i principi costituzionali e con la CEDU.
Riconosce che chiunque, indipendentemente dalla condizione di salute o di disabilità, ha diritto, su un piano di uguaglianza formale e sostanziale con gli altri, a essere partecipe del procedimento che lo riguarda.
Ai trattamenti sanitari coattivi devono essere applicate tutte le garanzie previste dall’articolo 13 della Costituzione, proprio in ragione della situazione di evidente assoggettamento fisico della persona a un potere pubblico in grado di vincere  contro la sua  volontà.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

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