Sentenza – Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, 18 giugno 2009, n. 14184
“Permessi di cui al 3° comma della legge n. 104/1992 – fruibilità frazionata in ore – insussistenza”

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE LUCA Michele, Presidente, Dott. MONACI Stefano, Consigliere, Dott. BANDINI Gianfranco, Consigliere, Dott. NAPOLETANO Giuseppe, Consigliere, Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2854-2006 proposto da:
DI. BE. RO. AN. MA. RI. , elettivamente – domiciliata in ROMA, Viale delle Medaglie d’oro 176, presso lo studio dell’avvocato Zanchetti Maurizio, che la rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, il Centro servizi amministrativi di Agrigento e la Direzione Didattica Statale, (omesso), elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1454/2005 del TRIBUNALE di AGRIGENTO, depositata il 08/11/2005 R.G.N. 3456/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2009 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Di. Be.Ro. An. Ma. Ri. chiede la cassazione della sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Agrigento il giorno 8 novembre 2005 ha risolto, ai sensi dell’alt. 64 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, la questione, pregiudiziale relativa alla fruibilità in ore dei permessi di cui alla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3.

Il problema si è posto nella controversia promossa dalla ricorrente, docente di scuola elementare nel circolo didattico (OMESSO), contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca scientifica, il Centro servizi amministrativi di (OMESSO) e la Direzione didattica statale (OMESSO).

La Di. Be. per assistere il figlio portatore di handicap, di età superiore ai tre anni, chiedeva di poter finire dei permessi previsti dall’articolo 15, comma 6, del ccnl del comparto scuola, che disciplina la fruizione dei permessi previsti dalla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, in modo frazionato in ore, e non a giorni. Il Tribunale ha risolto la questione nel senso che la possibilità di fruire di tali permessi con la modalità del frazionamento in ore non costituisce un diritto del lavoratore con figlio handicappato di età superiore ai tre anni”.
La ricorrente fonda il suo ricorso contro tale decisione su due motivi.
Con il primo si denunzia la violazione della Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, e conseguente erronea interpretazione del contratto di comparto. Il giudice avrebbe sbagliato nell’interpretare la norma legislativa che sta a monte della previsione contrattuale, laddove ha desunto la soluzione dal confronto con il comma 2.

Inoltre non ha tenuto conto del fatto che il terzo comma, contenendo l’inciso “fruibili anche in maniera continuativa” Indica, a contrario, che i permessi possono essere fruiti in modo frazionato. Il giudice avrebbe errato attenendosi alla lettera della norma trascurandone l’autentico spirito che è quello di assicurare la massima tutela del destinatario finale.
Ancora, l’articolo 15, comma 6 del ccnl in luogo dell’espressione “giorni” utilizza il termine “giornate”che rimandando alla scansione temporale oraria della prestazione lavorativa, fonda il diritto alla divisibilità in ore del corrispondente permesso mensile.
Infine manca “una norma d’azione di fonte legale e/o contrattuale, che vieti espressamente il frazionamento in ore dei permessi mensili”.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli articoli 29, 30, 31 e 32 Cost. e la violazione dell’articolo 147 c.c. e della Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3.

L’interpretazione del giudice di Agrigento secondo la ricorrente lede il diritto alla salute costituzionalmente garantito, al quale deve piegarsi ogni posizione giuridica.
Lede il superiore interesse del minore che è al centro del diritto di famiglia. Tali interessi devono prevalere su quello della regolarità del servizio scolastico che peraltro nella fattispecie in esame a parere della ricorrente non verrebbe intaccato nè sotto l’aspetto organizzativo, nè sotto il profilo economico finanziario.
Per tali motivi la ricorrente chiede la cassazione della sentenza, e la statuizione che “il frazionamento orario dei permessi previsti dalla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, costituisce un diritto del lavoratore con figlio handicappato di età superiore ai tre anni”.
Gli intimati hanno depositato un controricorso con il quale chiedono che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile o comunque rigettata.

La ricorrente ha depositato una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Deve premettersi che l’eccezione di inammissibilità del ricorso è formulata dagli intimati sostenendo che la ricorrente avrebbe dovuto proporre appello, è priva di fondamento, in quanto il terzo comma del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 64 (T.U.) sul pubblico impiego, che disciplina l’accertamento pregiudiziale sull’interpretazione dei contratti collettivi, prevede espressamente: “la sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione”. Peraltro i motivi di ricorso sono a loro volta infondati.

È opportuno richiamare la normativa legislativa e collettiva.
La Legge 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33 disciplina le “agevolazioni” statuendo che “i soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito sino al compimento del terzo anno di vita del bambino” (comma 2).
Il comma 3 aggiunge: “successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino … hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa”.

Il contratto collettivo 4 agosto 1995 applicabile al rapporto di lavoro della ricorrente aggiunge, all’articolo 21, comma 6 la seguente previsione: “I permessi di cui alla Legge 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33, comma 3, sono retribuiti come previsto dal Decreto Legge 27 agosto 1993, n. 324, articolo 2, comma 3 ter, convertito dalla Legge 27 ottobre 1993, n. 423, e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi nè riducono le ferie; essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti”.

Dalla lettura complessiva delle disposizioni si ricava che la normativa differenzia le agevolazioni in base all’età del minore. Se il minore ha meno di tre anni i permessi sono di due ore giornaliere. Dopo il compimento del terzo anno il permesso è di tre giorni al mese. Con la crescita dell’età ed il superamento del terzo anno di vita il permesso si riduce perchè non è più giornaliero, ma limitato a tre giorni al mese e non è più di due ore al giorno ma è concentrato in tre giornate. Non vi è niente nella normativa che consenta di sostenere che i tre giorni possano essere scomposti in frazioni distribuite in un numero maggiore di giorni.

L’unica variabile è costituita dalla sequenza dei tre giorni.
La norma di legge consente che siano fruiti anche in maniera continuativa. Il contratto collettivo invita a fruirne “possibilmente” in date non ricorrenti. Tale disciplina attiene ad una questione del tutto diversa dalla possibilità di frazionamento.

Tanto meno ha rilievo a questo fine il fatto nel contratto si parli di giornate mentre nella legge si parli di giorni. I termini sono equivalenti. In ogni caso il permesso non potrà essere frazionato e fruito in un numero maggiore di giornate rispetto alle tre consentite.

Quanto al secondo motivo di ricorso, esso è generico e comunque infondato. La Legge n. 104 del 1992 ha introdotto un’incisiva deroga alla corrispettività delle prestazioni nel rapporto di lavoro ed una consistente compressione della libertà di iniziativa economica del datore di lavoro. Lo ha fatto per tutelare i diritti dei portatori di handicap in attuazione di fondamentali principi costituzionali di solidarietà, uguaglianza sostanziale, tutela della salute e della dignità umana. L’equilibrio fissato dal legislatore non può essere forzato dall’interprete con letture che vadano al di là di quanto è stato già riconosciuto. Quella proposta con il ricorso è una modifica incisiva del contenuto delle norme e comporterebbe uno spostamento del punto di equilibrio fissato dal legislatore.

Il ricorso pertanto deve essere respinto. La delicatezza ed il rilievo degli interessi coinvolti giustificano la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

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