Un’interessante ordinanza del Tribunale di Milano, Sezione lavoro, R.G. 2877/2025, depositata il 6 settembre 2025, interviene nell’ambito di un giudizio antidiscriminatorio promosso ai sensi degli artt. 281-decies c.p.c. e 28 d.lgs. 150/2011 da due cittadini stranieri con disabilità nei confronti della Regione Lombardia, con successiva integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Salute.

I fatti oggetto del giudizio

Il ricorso è stato proposto da due cittadini extra UE, un cittadino egiziano ed un cittadino pakistano.

Il primo ricorrente, cittadino egiziano, è entrato in Italia nel 2000.

È stato titolare di permesso di soggiorno per lavoro dal 2003 al 2012 e successivamente di permesso per attesa occupazione per un anno.

Dal 2012 non ha più potuto svolgere attività lavorativa a causa di una “sindrome schizoaffettiva con sintomi psicotici” e di “spondilodiscopatie multiple lombari”.

Per tali patologie egli è stato riconosciuto:

  • “Invalido con totale e permanente inabilità lavorativa: 100% art. 2 e 12 L. 118/71” dalla Commissione per l’invalidità civile;
  • “Portatore di handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. 104/1992” dalla Commissione per l’handicap.

Dal 2012 la sua unica fonte di reddito è la pensione di inabilità ex art. 12 l. 118/1971; nel 2024 ha altresì percepito l’Assegno di inclusione ai sensi dell’art. 11 l. 85/2023.

Nel 2023 il reddito complessivo è stato pari a euro 18.816,51, con a carico la coniuge e tre figli residenti in Egitto.

Scaduto il permesso per attesa occupazione, e in quanto titolare di trattamento di invalidità, gli è stato rilasciato un permesso di soggiorno per residenza elettiva, rinnovato più volte fino al 9.8.2024.

Per l’anno 2024, ai fini dell’iscrizione volontaria al SSN/SSR, la Regione Lombardia – tramite ATS Milano – gli ha richiesto il versamento di euro 2.000, somma che il ricorrente ha effettivamente corrisposto per non rimanere privo di assistenza sanitaria.

Dal 3.6.2024 il ricorrente ha ottenuto un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo UE e risulta, da tale momento, iscritto obbligatoriamente al SSN/SSR.

Il secondo ricorrente, cittadino pakistano, è entrato in Italia nel 2009 con permesso per motivi umanitari ed è poi stato titolare di permesso per lavoro subordinato fino al 2022. Dal 2022 non ha più potuto lavorare a causa di un “deficit deambulatorio in pregressa lesione midollare (D6-D7) ischemica post-traumatica con paraparesi spastica AAII, OSAS moderato-severo in CPAP, asma bronchiale in discreto controllo clinico-funzionale”.

È stato riconosciuto “Portatore di handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. 104/1992” a decorrere dal 12.10.2022.

La sua unica fonte di reddito è costituita dalla pensione di inabilità come invalido civile, pari a euro 343,66, con maggiorazione sociale di euro 391,39 e indennità di euro 531,76, per un reddito annuo complessivo di euro 15.936,77.

Ha a carico la coniuge e due figli residenti in Italia, oltre a un figlio residente in Pakistan.

A seguito del riconoscimento della condizione di invalidità e della pensione, gli è stato rilasciato, il 21.9.2022, un permesso per residenza elettiva con scadenza al 21.2.2024, poi rinnovato dal 21.11.2023 all’11.10.2025.

Alla scadenza della tessera sanitaria, il 21.2.2024, egli non ha più potuto fruire dell’assistenza sanitaria. ATS gli ha comunicato la necessità di versare euro 2.000 per tornare ad essere assistito dal SSN/SSR, somma che il ricorrente non è stato in grado di corrispondere.

Secondo quanto riferito in ricorso, egli risulta al momento privo di assistenza sanitaria, così come i propri familiari, e non può seguire le terapie di mantenimento necessarie per contenere gli effetti della patologia.

Le domande dei ricorrenti

I ricorrenti hanno adito in giudizio la Regione Lombardia chiedendo:

  1. L’accertamento del carattere discriminatorio della condotta della Regione Lombardia, consistente:
    • nel non aver consentito l’iscrizione obbligatoria al SSN ai sensi dell’art. 34, co. 1, d.lgs. 286/1998 (TUI);
    • ovvero nell’aver subordinato l’iscrizione volontaria al SSN ex art. 34, co. 3, TUI al pagamento di un contributo pari a euro 2.000, anziché di un contributo commisurato al reddito effettivo secondo i parametri del D.M. 8.10.1986.
  2. L’adozione di ogni provvedimento necessario a rimuovere la discriminazione e a farne cessare gli effetti, con conseguente riconoscimento del diritto all’iscrizione al SSN (obbligatoria o volontaria secondo i diversi scenari delineati) e alla restituzione delle somme indebitamente versate.

Sul piano normativo, i ricorrenti hanno sostenuto un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 34, co. 1, TUI, volta a ricomprendere tra i soggetti all’iscrizione obbligatoria i titolari di permesso per residenza elettiva derivante da conversione di un precedente permesso che dava accesso all’iscrizione obbligatoria (ad esempio per lavoro).

In subordine hanno sollevato questione di legittimità costituzionale:

  • dell’art. 34, co. 1, TUI;
  • dell’art. 34, co. 3, TUI, come modificato dalla l. 30.12.2023, n. 213, art. 1, co. 240, lett. a);
  • nonché dell’art. 63, commi 1, 2 e 3, l. 833/1978 (per il profilo dei cittadini italiani),

per violazione degli artt. 3, commi 1 e 2, 32, 117, co. 1 Cost., anche in relazione agli artt. 4 e 25 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, all’art. 14 CEDU, all’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali UE e all’art. 13 della Carta sociale europea.

La Regione Lombardia, costituitasi in giudizio, eccepiva innanzitutto il difetto di legittimazione passiva, sostenendo che la condotta contestata discende da disposizioni di legge nazionale e chiedeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti dello Stato.

Nel merito, chiedeva il rigetto del ricorso e affermava l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.

Il giudice, ritenendo che la questione dell’iscrizione al SSN attenesse alla normativa di indirizzo di competenza dello Stato e presentasse effetti ultraregionali, disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Salute.

Il Ministero della Salute, costituitosi in giudizio, negava in primo luogo la propria legittimazione passiva, affermando che il comportamento censurato era riferibile esclusivamente alla Regione Lombardia. Contestava inoltre:

  • l’ammissibilità dell’azione, osservando che l’art. 44 d.lgs. 286/1998 si riferisce a “comportamenti” discriminatori e non a disposizioni normative;
  • la sussistenza di interesse a ricorrere del primo ricorrente, ormai iscritto obbligatoriamente al SSN;
  • ogni eventuale pretesa risarcitoria relativa ai 2.000 euro versati alla Regione Lombardia.

Nel merito, il Ministero prospettava una lettura dell’art. 34, co. 1, TUI nel senso della non tassatività dell’elenco delle categorie di stranieri con iscrizione obbligatoria, suggerendo che gli stranieri già titolari di un titolo di soggiorno con iscrizione obbligatoria possano conservarla alle medesime condizioni, richiamando a tale proposito la circolare ministeriale del 19.7.2007 in materia di permessi per motivi di studio.

Il quadro normativo richiamato dall’ordinanza

L’ordinanza ricostruisce in modo dettagliato la normativa interna:

  • 34 d.lgs. 286/1998 (TUI): disciplina l’iscrizione al SSN per cittadini stranieri, distinguendo tra iscrizione obbligatoria (commi 1 e 2) e iscrizione volontaria (comma 3).
    • il comma 1: elenca le categorie di stranieri regolarmente soggiornanti soggetti ad iscrizione obbligatoria (lavoro subordinato o autonomo, motivi familiari, asilo, protezione sussidiaria, casi speciali, protezione speciale, cure mediche ai sensi dell’art. 19, co. 2, lett. d-bis), richiesta di asilo, attesa adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza, e minori stranieri non accompagnati.
    • Il comma 2: estende l’assistenza ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.
    • Il comma 3 (testo previgente al 31.12.2023): prevede per lo straniero non rientrante nei commi 1 e 2 l’obbligo di assicurarsi contro malattia, infortunio e maternità, tramite polizza privata o iscrizione volontaria al SSN, con contribuzione percentuale sul reddito e contributo minimo determinato con D.M. Sanità.
  • M. Sanità 8.10.1986: stabilisce che il contributo per l’iscrizione volontaria non può essere inferiore a euro 387,34 (con minimi ridotti per studenti e collocati alla pari) e fissa aliquote del 7,5% fino a euro 20.658,28 e del 4% fino a euro 51.645,69, richiamato dagli Accordi Stato-Regioni 20.12.2012 e 20.12.2021.
  • 30.12.2023, n. 213, art. 1, co. 240, lett. a): modifica l’ultima parte dell’art. 34, co. 3, TUI, sostituendo la clausola “non inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti” con “non può essere inferiore a euro 2.000 annui”. Dal 1.1.2024 il contributo minimo per iscrizione volontaria è dunque fissato in euro 2.000.
  • DPR 394/1999, artt. 11, co. 1, lett. c-quater, e 14, lett. d):
    • 11, co. 1, lett. c-quater: permesso di soggiorno per residenza elettiva “a favore dello straniero titolare di una pensione percepita in Italia”;
    • 14, lett. d): possibilità di conversione del permesso per lavoro subordinato, autonomo o motivi familiari in permesso per residenza elettiva ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. c-quater.
  • 1.3.2006, n. 67, art. 2: definizione di discriminazione diretta e indiretta per motivi connessi alla disabilità.
  • lgs. 9.7.2003, n. 215: definizione di discriminazione diretta e indiretta per razza o origine etnica, richiamato in combinato disposto con l’art. 44 TUI.
  • 63 l. 833/1978: disciplina l’assicurazione obbligatoria per malattia dei cittadini, prevedendo il contributo solo per coloro tenuti alla dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF, con esclusione di chi ha soli redditi esenti (tra cui i titolari di pensioni di invalidità).
  • 35 TUI: garantisce ai cittadini stranieri non in regola con le norme sul soggiorno cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, anche continuative, e programmi di medicina preventiva, con divieto di segnalazione all’autorità salvo casi di referto obbligatorio.

Richiamando in maniera dettagliata la ricostruzione della normativa interna, il giudice qualifica la situazione dei ricorrenti come discriminatoria sotto diversi profili, sulla base delle definizioni contenute nella l. 67/2006 e nel d.lgs. 215/2003.

Discriminazione diretta

L’art. 34, co. 1, TUI, nella lettura accolta dall’amministrazione, determina – secondo il Tribunale – una discriminazione diretta per motivi di disabilità ai sensi dell’art. 2, co. 2, l. 67/2006.

L’iscrizione obbligatoria al SSN è riconosciuta a categorie di stranieri titolari di permessi che esprimono un forte legame funzionale e di permanenza con lo Stato (per lavoro o per motivi familiari), mentre ne restano esclusi i titolari di permesso per residenza elettiva rilasciato a seguito di conversione di un permesso per lavoro o famiglia, quando la conversione è conseguenza della sopravvenuta condizione di disabilità e della correlata pensione di inabilità.

L’ordinanza evidenzia che, nel caso dei ricorrenti, essi avevano beneficiato dell’iscrizione obbligatoria al SSN quando erano abili al lavoro e titolari di permesso per lavoro; la sopravvenuta disabilità, che ha comportato la pensione di invalidità e la conversione del titolo in permesso per residenza elettiva, ha determinato l’esclusione dall’iscrizione obbligatoria. La condizione di disabilità viene così individuata come fattore che, di fatto, comporta l’esclusione dall’accesso gratuito al SSN.

Disparità rispetto ai cittadini italiani e profili di nazionalità

L’ordinanza ravvisa inoltre un profilo di discriminazione diretta per nazionalità: per i cittadini italiani titolari di sola pensione di invalidità, la disciplina dell’art. 63 l. 833/1978 non impone contributi per l’accesso al SSN, in quanto tali soggetti non sono tenuti alla dichiarazione dei redditi; per i cittadini stranieri in analoga condizione (titolari di pensione di invalidità e permesso per residenza elettiva) è previsto invece il contributo minimo di euro 2.000, se non rientrano nelle ipotesi di iscrizione obbligatoria.

Inoltre, viene evidenziato che l’art. 35 TUI assicura comunque agli stranieri irregolari cure urgenti ed essenziali, mentre gli stranieri regolarmente soggiornanti ma esclusi dall’iscrizione obbligatoria e impossibilitati a sostenere il contributo minimo possono restare privi di copertura sanitaria, con conseguente disparità tra stranieri regolari e irregolari.

Discriminazione connessa al contributo minimo di euro 2.000

Quanto all’art. 34, co. 3, TUI, l’ordinanza considera discriminatorio il nuovo contributo minimo di euro 2.000 annui per l’iscrizione volontaria:

  • in rapporto ai cittadini stranieri iscritti obbligatoriamente (che non sostengono tale costo);
  • e in ragione dell’incidenza sproporzionata sui redditi bassi, in particolare per chi percepisce solo la pensione di invalidità.

Viene sottolineato che, a causa della combinazione fra quota minima e aliquote, la contribuzione è di fatto uniforme per i redditi più bassi e diventa proporzionale al reddito solo oltre una certa soglia (indicata nel provvedimento in euro 31.924).

Il giudice richiama, in questo contesto, la sentenza n. 431/1987 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittima una quota minima di contributo sanitario per commercianti e professionisti, non parametrata all’effettivo reddito.

L’impossibilità di rimuovere la discriminazione in via interpretativa

Il Tribunale, esaminando la proposta di interpretazione costituzionalmente orientata avanzata dai ricorrenti e dal Ministero della Salute, secondo cui l’elenco di cui all’art. 34, co. 1, TUI non sarebbe tassativo e potrebbe estendersi ai titolari di permesso per residenza elettiva derivante da conversione di un permesso che dava accesso all’iscrizione obbligatoria, esclude questa possibilità, affermando che:

  • il tenore letterale dell’art. 34, co. 1, TUI, che elenca specifiche categorie di permesso, è univoco nel senso della tassatività;
  • la scelta delle categorie risponde ad un bilanciamento discrezionale tra tutela della salute e sostenibilità economica, basato su criteri oggettivi (tipo di permesso e relativo legame con il territorio o esigenze di tutela);
  • il permesso per residenza elettiva è normalmente destinato a soggetti economicamente autosufficienti e non può essere automaticamente assimilato, sul piano normativo, ai permessi per lavoro o motivi familiari;
  • la norma non attribuisce rilievo alla situazione pregressa del titolare (il titolo di soggiorno convertito), come dimostrato anche dal fatto che, in caso di rinnovo o conversione, è richiesta una nuova iscrizione al SSN correlata al nuovo titolo.

Quanto alla circolare ministeriale del 19.7.2007 sui permessi di studio, l’ordinanza richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato che qualifica le circolari interpretative come atti interni, privi di effetti verso i terzi, e afferma che gli organi amministrativi possono disattenderle senza violare la legge. Inoltre, la circolare concerne esclusivamente i permessi per studio e non il permesso per residenza elettiva.

Alla luce di ciò, il giudice conclude che non è praticabile un’interpretazione adeguatrice dell’art. 34 TUI che consenta di risolvere la questione senza ricorso al sindacato di legittimità costituzionale, richiamando a sostegno l’insegnamento della Corte costituzionale e dell’ordinanza Cass. 20661/2014 sul limite dell’interpretazione conforme quando il dato testuale è univoco.

La rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale

L’ordinanza espone distintamente gli effetti che deriverebbero dall’eventuale accoglimento o rigetto delle questioni da parte della Corte costituzionale.

Se fosse accolta la questione sull’art. 34, co. 1, TUI verrebbe riconosciuto il diritto dei ricorrenti all’iscrizione obbligatoria al SSN per il 2024 e, per il secondo ricorrente, anche per il 2025; la Regione Lombardia sarebbe condannata a restituire al primo ricorrente i 2.000 euro versati per il 2024.

Se fosse accolta solo la questione subordinata sul co. 3 verrebbe riconosciuto il diritto dei ricorrenti all’iscrizione volontaria al SSN con contributo parametrato al reddito secondo le aliquote del D.M. 8.10.1986, per il 2024 e, per il secondo ricorrente, anche per il 2025; la Regione Lombardia sarebbe condannata a restituire al primo ricorrente la differenza tra i 2.000 euro versati e l’importo dovuto in base al reddito.

Se entrambe le questioni fossero rigettate le domande dei ricorrenti non potrebbero essere accolte, poiché il trattamento denunciato come discriminatorio sarebbe espressione della normativa vigente.

Da ciò il Tribunale ha dedotto la rilevanza dell’incidente di costituzionalità.

Non manifesta infondatezza e parametri costituzionali

Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il giudice ha individuato un duplice ordine di contrasti:

  1. 34, co. 1, TUI con gli artt. 3 e 32 Cost.:
    • la mancata previsione di iscrizione obbligatoria per i titolari di permesso per residenza elettiva derivante da conversione di permesso per lavoro o famiglia, quando tale permesso sia rilasciato in forza di pensione di invalidità, dà luogo a una differenziazione di trattamento nell’accesso al SSN e, in ultima analisi, nel godimento del diritto alla salute;
    • si crea una disparità fra cittadini italiani e stranieri e, fra questi ultimi, tra stranieri abili e stranieri con disabilità.
  2. 34, co. 3, TUI (novellato) con gli artt. 3 e 32 Cost.:
    • il contributo minimo di euro 2.000 annui per l’iscrizione volontaria penalizza in modo particolare i soggetti con redditi bassi, tra cui i percettori di sola pensione di invalidità, ponendosi in continuità con la fattispecie già dichiarata incostituzionale da Corte cost. 431/1987 in tema di contributi SSN per commercianti e professionisti;
    • la disciplina non assicura cure gratuite agli indigenti, come richiesto dall’art. 32, co. 1, Cost.

L’ordinanza richiama inoltre la giurisprudenza costituzionale sullo status dello straniero come titolare di tutti i diritti fondamentali riconosciuti alla persona, con obbligo per il legislatore di rispettare il canone di ragionevolezza e di non introdurre trattamenti diversificati e peggiorativi non giustificati da interessi pubblici prevalenti.

Rilievo delle fonti internazionali

In relazione all’art. 117, co. 1, Cost., l’ordinanza richiama:

  • Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con l. 18/2009):
    • 4 (obblighi generali, tra cui l’adozione di misure legislative e amministrative per realizzare i diritti riconosciuti);
    • 25 (diritto al miglior stato di salute possibile, con obbligo per gli Stati di garantire servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, di pari qualità rispetto a quelli offerti alle altre persone).
  • Carta sociale europea, art. 13 (diritto all’assistenza sociale e medica per chi non dispone di risorse sufficienti).
  • CEDU, art. 14 (divieto di discriminazione nell’esercizio dei diritti garantiti).

L’ordinanza osserva che tali disposizioni, per la loro formulazione, non avrebbero contenuto sufficientemente determinato da consentire una disapplicazione diretta delle norme interne contrastanti, rendendo necessario il ricorso al giudizio di legittimità costituzionale.

Il dispositivo

In conclusione, esaminate tutte le questioni in maniera approfondita,  il Tribunale di Milano, sezione lavoro, ha dichiarato

  • rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, co. 1, d.lgs. 286/1998, nella parte in cui non prevede l’iscrizione obbligatoria al SSN/SSR dei cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva, attribuito in forza della percezione di una prestazione di invalidità e derivante da conversione di altra autorizzazione al soggiorno per cui era prevista l’iscrizione obbligatoria;
  • in subordine, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, co. 3, d.lgs. 286/1998, nella parte in cui prevede che i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva attribuito in forza della percezione di una prestazione di invalidità siano tenuti, per l’iscrizione volontaria al SSN/SSR (in alternativa alla stipula di polizza assicurativa privata), al pagamento di un importo che “non può essere inferiore a euro 2.000 annui”.

Le questioni sono state sollevate in contrasto con gli artt. 3, commi 1 e 2, 32 e 117, co. 1, Cost., in relazione agli artt. 4 e 25 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e all’art. 13 della Carta sociale europea.

Per questo effetto, Il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, la sospensione del giudizio in corso e la notifica dell’ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

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