Circolare INPS – Direzione Centrale per le Pensioni, 24 dicembre 1991, n. 289
“Quesiti vari in materia di prestazioni pensionistiche. Chiarimenti.”

Si fa seguito alla circolare n. 219 del 10 settembre 1991 per comunicare il testo delle risposte fornite agli ulteriori quesiti posti in materia di prestazioni pensionistiche.

1. PENSIONE AI SUPERSTITI
1.1. DIRITTO A PENSIONE DA PARTE DEI FIGLI STUDENTI E INABILI.

Quesito
Possibilità di riconoscere il diritto a pensione a favore di studente ultradiciottenne che ha frequentato la Scuola “FESTUS R-6 SENIOR HIGH SCHOOL” – ILLINOIS -U.S.A.

Chiarimenti
Trattasi di Scuola legalmente riconosciuta nello Stato dell’Illinois presso la quale è conseguibile un attestato che consente la iscrizione, in Italia, al penultimo o ultimo anno di Scuola media superiore.
Si ritiene, quindi, che l’interessato abbia diritto alla pensione di riversibilità per il periodo in cui ha frequentato la Scuola americana.
Ovviamente nel caso che, successivamente, abbia frequentato l’ultimo o penultimo anno in una scuola italiana, lo stesso avràdiritto alla prestazione fino al compimento del 21  anno di età, come stabilito dall’art. 22 della legge n. 903/65.

Quesito
Possibilità di riconoscere il diritto a pensione a favore di studente che abbia frequentato la facoltà di Ingegneria della Università di Amburgo.

Chiarimenti
Per accedere a detta facoltà è necessario essere in possesso di un diploma di Scuola secondaria superiore. Il corso di laurea si articola in 9 semestri di insegnamento teorico e 26 settimane di tirocinio pratico. Al termine del corso di studi viene conferito il titolo di “Diplom-Wirtschaf ingenieur” che va considerato equiparabile ad una laurea in ingegneria.
Si ritiene, quindi, che si possa ripristinare in favore dell’interessato il pagamento della quota di pensione di riversibilità.

Quesito
È stato chiesto di conoscere se “la figlia maggiorenne universitaria, titolare di pensione di riversibilità, cessi dal diritto al trattamento medesimo qualora contragga matrimonio o se, nel caso specifico, possa essere applicata, per analogia, la sentenza della Corte Costituzionale n. 164/1975 che, a suo tempo, ha dichiarato illegittima l’esclusione delle figlie maritate dal diritto al conseguimento della pensione”.

Chiarimenti
La Corte Costituzionale, dopo aver dichiarato, con la citata sentenza n. 164/1975, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma secondo, del Decreto Legislativo Luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39 nella parte in cui escludeva dal diritto alla pensione di riversibilità le figlie maritate anche se inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi (v.
circ. n. 53548 Prs. del 30 dicembre 1976), ha dichiarato incostituzionale anche l’art. 3, lettera a) del citato Decreto, nella parte in cui prevedeva la perdita del diritto alla pensione di riversibilità per le figlie che avessero contratto matrimonio (v.circ. n. 53570 AGO del 4 febbraio 1980).
Ciò premesso, si fa presente che la pronuncia di incostituzionalità di una disposizione di legge non può essere estesa per analogia a norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, ancorchè costituiscano applicazione dello stesso principio generale contenuto nella norma già dichiarata costituzionalmente illegittima.
Ne consegue che le anzidette dichiarazioni di incostituzionalità trovano applicazione limitatamente alle fattispecie regolate dall’art. 2, secondo comma, e dall’art. 3, lettera a) del citato Decreto Legislativo Luogotenenziale n.
39/1945.

Quesito
Orfana di entrambi i genitori, la quale, inserita da anni presso una struttura per portatori di handicap, è titolare di una pensione ai superstiti erogata con decorrenza 1980 e confermata al compimento del 18  anno di età in considerazione dei problemi psichici dai quali è affetta.
La U.S.S.L. ha fatto presente che “il processo di graduale autonomizzazione messo in atto dalla struttura presso la quale l’interessata è inserita ha condotto ad un livello tale da rendere auspicabile un inserimento occupazionale preceduto da un corso prelavorativo triennale per persone handicappate organizzato dal Comune”.
Ciò premesso, in previsione di una assunzione part-time a 26 ore settimanali, la U.S.S.L. ha chiesto di conoscere se, per effetto dell’assunzione, verrebbe a cessare l’erogazione della pensione ai superstiti e, in caso affermativo, se il pagamento potrebbe essere ripristinato in caso di dimissioni o licenziamento.

Chiarimenti
Relativamente al primo dei quesiti anzidetti si osserva che a norma dell’art. 3, lettera c) del D.L.L. 18 gennaio 1945, n. 39 il diritto alla pensione ai superstiti cessa, per i figli inabili, quando sia venuto meno lo stato di invalidità (rectius, di inabilità).
Si osserva ancora che ai sensi dell’art.39 del D.P.R. n. 818/1957 (in base al quale è stato a suo tempo accertato lo stato di inabilità della pensionata) “si considerano inabili le persone che, per grave infermità fisica o mentale, si trovino nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a proficuo lavoro”.
Avuto riguardo al tenore di quest’ultima disposizione deve escludersi, in linea di massima, che vi sia una “impossibilità assoluta di dedicarsi a proficuo lavoro” quando un proficuo lavoro sia in atto.
Ferma restando tale presunzione, occorre comunque precisare che la sussistenza o la permanenza dello stato di inabilità non può essere predeterminata in astratto ma deve essere accertata in relazione alle infermità e agli elementi di valutazione ricorrenti nelle singole fattispecie quali, ad esempio, quelli concernenti i contenuti e le modalità di svolgimento del lavoro, la capacità di sopportazione del soggetto e l’eventuale disponibilità da parte del datore di lavoro, dei familiari o di terzi.
Quanto al secondo quesito prospettato dalla U.S.S.L. si fa presente che, ai sensi del già citato art.3, lettera c) del D.L.L.
n.39/1945, il venir meno dello stato di inabilità comporta la definitiva cessazione del diritto alla pensione ai superstiti: il che esclude la possibilità di ripristino anche nel caso in cui intervengano le dimissioni, o il licenziamento dell’ex titolare della pensione revocata.

1.2. QUOTA DI PENSIONE A FAVORE DELL’EX CONIUGE DIVORZIATO

Quesito
Criteri per la determinazione della misura della prestazione in caso di concorso con la vedova del dante causa, titolare di pensione diretta e di pensione di riversibilità “cristallizzata” per motivi reddituali.

Chiarimenti
In occasione della attribuzione di una quota della pensione di reversibilità a favore dell’ex coniuge divorziato, pari al 50% del trattamento pensionistico in godimento da parte della vedova del dante causa, il giudice ha valutato la situazione reddituale di entrambi i soggetti interessati.
Ne consegue che deve essere seguito il principio di carattere generale di attenersi strettamente al contenuto del dispositivo delle sentenze, per cui, nel caso in esame, la quota di pensione da attribuire all’ex coniuge divorziato deve essere pari al 50% dell’importo “cristallizzato” del trattamento pensionistico posto in pagamento al coniuge superstite, ovviamente con decorrenza dalla data della sentenza.

1.3. PENSIONI DI REVERSIBILITÀ A CARICO DELLE GESTIONI SPECIALI DEI LAVORATORI AUTONOMI.

Quesito
Criteri per la determinazione dell’anzianità contributiva utile.

Chiarimenti
L’anzianità contributiva da segnalare nel campo 37 del mod. I.V.S./74 TP è esclusivamente quella relativa alle settimane utilizzate per la liquidazione della pensione diretta, con esclusione delle settimane di contribuzione relative ai periodi successivi alla decorrenza della pensione stessa già utilizzate per la liquidazione di supplementi, ovvero da utilizzare all’atto della liquidazione della pensione di riversibilità. Ciò in considerazione del fatto che i nuovi criteri di calcolo delle pensioni a carico delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi stabiliti dall’art. 6, comma 8 dalla legge n. 638/1983, sono da riferire ai periodi di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione diretta e non a quelli successivi, utili per la liquidazione di supplementi.
Si precisa, altresì, che la disposizione di cui all’art.6, comma 11, della legge n. 638 citata – che prevede la rivalutazione dei contributi versati dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni per il periodo 1979/83 secondo i coefficienti fissati dalla norma stessa – non opera nei confronti dei contributi che siano stati già utilizzati per la liquidazione della pensione diretta o di supplementi aventi decorrenza anteriore all’1/10/1983.
Peraltro, vanno rivalutati i contributi CD/CM relativi al periodo anzidetto, da utilizzare all’atto della liquidazione di pensione ai superstiti con decorrenza dall’1/10/83 in poi e che diano luogo a supplemento da liquidare su tale pensione, fermo restando che il supplemento viene calcolato secondo i criteri stabiliti dalla normativa precedente all’emanazione delle disposizioni contenute nel già citato art. 6 della legge n.
638/1983.

1.4. ASSICURATO GIÀ DICHIARATO “MORTO PRESUNTO”. SUCCESSIVA RICOMPARSA. EFFETTI SULLA PENSIONE AI SUPERSTITI.

Quesito
Assicurato il quale, dopo essere stato dichiarato “morto presunto”, è ricomparso chiedendo la liquidazione della pensione di vecchiaia a carico della Gestione artigiani con effetto dalla data di compimento dell’età pensionabile (data anteriore a quella della ricomparsa).
Essendo stata, nel frattempo, liquidata la pensione ai superstiti a favore del coniuge la Sede, dopo averne sospeso il pagamento e liquidato la pensione di vecchiaia al “ricomparso”, ha chiesto istruzioni circa gli ulteriori provvedimenti da adottare.

Chiarimenti
Al riguardo si osserva che il ritorno della persona scomparsa fa venir meno fin dall’origine il presupposto indispensabile per il riconoscimento del diritto alla pensione ai superstiti, per cui tale prestazione, pur se a suo tempo legittimamente riconosciuta, deve essere annullata.
Atteso, poi, che non può essere disconosciuto il diritto del ricomparso ad ottenere la pensione di vecchiaia con effetto retroattivo dal mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile, quanto già riscosso dalla moglie potrà essere considerato come anticipazione delle somme dovute a titolo di pensione di vecchiaia.
Infatti, secondo i principi affermati dalla Corte di Cassazione per ipotesi analoghe a quella in esame, il ritorno della persona scomparsa pone esclusivamente un problema di rapporti patrimoniali tra coniugi, rispetto ai quali l’Istituto è del tutto estraneo, per cui il coniuge ricomparso non può vantare alcuna pretesa nei confronti dell’Istituto stesso, se non nei limiti della sola differenza a lui dovuta.
Ne consegue che, nel caso in esame, all’interessato dovranno essere  corrisposti arretrati soltanto per la parte eventualmente eccedente quanto già percepito dal coniuge.
Ovviamente, qualora a titolo di pensione ai superstiti sia stato riscosso più di quanto spettante come pensione di vecchiaia, si dovrà procedere al recupero delle somme erogate in eccedenza.

2. INVALIDITÀ PENSIONABILE
2.1. TRASFORMAZIONE DELL’ASSEGNO DI INVALIDITÀ IN PENSIONE DI VECCHIAIA

Quesito
Titolare di assegno di invalidità il quale, nel corso del triennio di godimento dell’assegno medesimo, ha presentato domanda di pensione di anzianità.
Tenuto conto che il comma 10 dell’art. 1 della legge n. 222/84 prevede la trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia, è stato chiesto di conoscere se detta trasformazione possa estendersi alla pensione di anzianità in presenza, ovviamente, dei requisiti richiesti per la stessa.

Chiarimenti
La legge n. 222/1984 ha previsto, con il comma 10 dell’a rt.1, la trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia e non anche in pensione di anzianità.
Si aggiunge che l’assegno d’invalidità, pur considerando la peculiarità della relativa disciplina, ha natura di prestazione pensionistica.
Peraltro l’assegno d’invalidità si configura quale prestazione a termine, disponendo il comma 7 dell’art. 1 della legge n. 222/1984 che detto trattamento “è riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per periodi della stessa durata, su domanda del titolare dell’assegno, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione della prestazione stessa, tenuto conto anche dell’eventuale attività lavorativa svolta” salva automatica conferma “dopo tre riconoscimenti consecutivi” (comma 8).
La formulazione del menzionato comma 7 non prevede altre cause di cessazione dal diritto all’assegno d’invalidità che non siano da ricomprendere nella fattispecie della scadenza del triennio ovvero della accertata cessazione dello stato di invalidità.
Ne consegue che, in virtù del principio della indisponibilità del diritto a pensione, una volta riconosciuto l’assegno di invalidità la posizione  di diritto soggettivo resta consolidata ed il soggetto interessato non può rinunciare o dismettere, a sua scelta, il trattamento di pensione acquisito.
Pertanto, la domanda di pensione di anzianità presentata dal titolare di assegno di invalidità nel corso del triennio di godimento non può essere accolta.

Quesito
Assegno ordinario di invalidità liquidato ad assicurata in possesso dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia, la quale abbia esercitato la facoltà di opzione ex articolo 4 della legge n. 903/1977 (parità uomo-donna in materia di lavoro ).
È stato chiesto di conoscere se la pensione liquidata debba essere mantenuta in pagamento sino alla data di cessazione del rapporto di lavoro ovvero se e con quale decorrenza essere trasformata in pensione di vecchiaia.

Chiarimenti
Come precisato alla nota 2 della circolare n. 105 del 13 maggio 1988, deve farsi luogo, in applicazione dell’art.2 duodecies della legge n.114/1974 e dell’art.1, comma 10 della legge n. 222/1984, alla liquidazione della pensione di vecchiaia.

Quesito
quali è stata attribuita la maggiorazione per gli ex combattenti, in pensione di vecchiaia ai sensi dell’art. 1, comma 10, della legge n. 222/84, da cui possa conseguire un importo meno elevato di quello in godimento, in quanto la maggiorazione è attribuita ex novo sulla pensione di vecchiaia nella misura iniziale, non comprensiva degli incrementi per perequazione intervenuti tra la data di originaria assegnazione e la data di decorrenza della pensione VO. Criteri di definizione.

Chiarimenti
La maggiorazione prevista dall’articolo 6 della legge n.
140/1985, secondo il preciso disposto della stessa norma, è da considerare a tutti gli effetti parte integrante del trattamento di pensione sul quale è attribuito.
Ciò premesso e considerato che, come stabilito dall’articolo 1, comma 10, della legge n. 222/1984, l’importo della pensione di vecchiaia da erogare in sostituzione dell’assegno di invalidità non può essere inferiore a quello dell’assegno in godimento alla data di compimento dell’età pensionabile o alla data, successiva, di conseguimento dei prescritti requisiti di contribuzione e di assicurazione, deve ritenersi che, nei casi di specie, per il combinato disposto delle due norme citate, sia da porre in pagamento a titolo di pensione di vecchiaia il maggior importo costituito dall’assegno di invalidità, comprensivo della maggiorazione per gli ex combattenti assoggettata alle perequazioni intervenute medio tempore.

2.2 – DIRITTO ALLA INTEGRAZIONE DELL’ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ – REDDITI COMPUTABILI.

Quesito
Computabilità o meno, nel reddito annuale da valutare al fine di stabilire la sussistenza del diritto all’integrazione dell’assegno di invalidità, delle somme corrisposte a titolo di indennità post-sanatoriale.

Chiarimenti
L’indennità post-sanatoriale si configura come un trattamento sostitutivo, o meglio, integrativo della retribuzione e per tale natura non può ritenersi ricompresa tra i “sussidi corrisposti dallo Stato o da altri Enti pubblici a titolo assistenziale” esenti dall’IRPEF ai sensi del 3  comma dell’art. 34 di cui al D.P.R. 601/1973.
In considerazione di ciò l’indennità post-sanatoriale deve essere inclusa, ai sensi dell’art.1, 4  comma, della legge n. 222/1984, nel reddito da prendere in considerazione ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno del diritto all’integrazione al minimo dell’assegno di invalidità.

2.3. SOSPENSIONE DELLA PENSIONE DI INVALIDITÀ.

Quesito
È stato chiesto di conoscere se, in caso di sospensione di pensione di invalidità ai sensi dell’art. 8 della legge n.
638/1983, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro debba procedersi al ripristino, nei confronti del titolare della prestazione, del pagamento di quest’ultima con il relativo supplemento, ovvero se possa configurarsi il titolo alla liquidazione della pensione di anzianità.

Chiarimenti
La sospensione prevista dalla norma su richiamata non fa venir meno la titolarità della pensione, il cui pagamento cessa per motivi reddituali, ma deve essere ripristinato al verificarsi dei presupposti per la sua erogazione.
Ne deriva che con la cessazione dell’attività lavorativa torna a rivivere il diritto alla prestazione sospesa – quella di invalidità – il cui importo, a domanda, deve essere incrementato della quota di pensione corrispondente alla contribuzione versata successivamente alla data di decorrenza della prestazione stessa.

Quesito
Provvedimenti da adottare nei confronti di titolari di pensione di invalidità che, chiamati a visita medica di revisione, hanno espressamente rifiutato di sottoporsi agli accertamenti sanitari chiedendo formalmente la revoca della pensione percepita.

Chiarimenti
L’art. 95, 2  comma, del Regolamento approvato con R.D.
28/7/1924, n. 1422 prevede che il rifiuto dell’interessato a sottoporsi alla visita medica di revisione comporta la sospensione del pagamento della pensione e non la revoca della stessa, che resta subordinata all’accertamento dell’avvenuta cessazione dello stato di invalidità.
Ne consegue che nei casi in questione si deve notificare ai pensionati un provvedimento di sospensione della pensione di invalidità.
Ove la pensione di invalidità risulti già sospesa ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 463/1983 convertito nella legge n.
638/1983, perdurando il rifiuto di sottoporsi alla visita di revisione, il pagamento della prestazione – per quanto sopra delineato – resterà sospeso anche dopo la cessazione delle cause previste dal menzionato art. 8.

2.4. CIECHI CIVILI. ARTICOLI 6 E 8 DELLA LEGGE 11 NOVEMBRE 1983, n. 638.

Quesito
Rilevanza dei redditi del pensionato di invalidità in ordine al pagamento della prestazione ed alla integrazione al minimo.

Chiarimenti
Nei confronti dei ciechi civili pensionati di invalidità che abbiano dichiarato di possedere redditi di importo superiore al limite fissato dall’art.8 della legge n. 638/1983, non va adottato il provvedimento di sospensione della pensione. Infatti il disposto del comma 1 bis dello stesso articolo 8, secondo la interpretazione datane dal Consiglio di Amministrazione con la deliberazione n. 59 del 2 marzo 1984, esclude dalla applicazione della norma i titolari di pensione di invalidità privi di vista. Tuttavia, nel caso in cui la pensione sia integrata al trattamento minimo, in relazione allo stesso reddito, superiore ovviamente anche al meno elevato limite di reddito stabilito dall’articolo 6 della legge n. 638/1983, l’importo della pensione in pagamento va cristallizzato in quello del trattamento minimo vigente al 30 settembre 1983, a norma del comma 7 del predetto articolo 6.
In altri termini fermo restando che, per espressa previsione legislativa, non deve sospendersi il pagamento delle pensioni di invalidità liquidate ai ciechi indipendentemente dai redditi posseduti dai titolari, il permanere del diritto alla integrazione, qualora le pensioni siano integrate al trattamento minimo, è da accertare dal 1  ottobre 1983 secondo la normativa dell’articolo 6 della legge n. 638/1983 e detta normativa non contiene alcuna disposizione che ne escluda l’applicazione nei confronti dei ciechi civili.

2.5. ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ. LEGGE 7 FEBBRAIO 1979, N. 29.

Quesito
Computabilità dei periodi di contribuzione, utilizzati per la liquidazione dell’assegno, ai fini del raggiungimento dei requisiti necessari per la ricongiunzione ex lege n. 29/1979.
Possibilità che i periodi di percezione dell’assegno siano computati ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi previsti dall’articolo 1, ultimo comma, della legge n. 29/1979 per i lavoratori autonomi.

Chiarimenti
L’assegno di invalidità, pur considerando la peculiarità della relativa disciplina, rientra nell’ambito delle prestazioni pensionistiche, con le conseguenze che da tale configurazione discendono.
Pertanto, i periodi assicurativi che abbiano dato luogo ad assegno di invalidità si intendono esclusi dalla ricongiunzione ex lege n. 29/79 (salvo, ovviamente, l’intervenuta revoca della prestazione).
Per quanto riguarda la possibilità che i periodi di percezione dell’assegno di che trattasi possano essere ritenuti utili, in analogia alle disposizioni vigenti in materia pensionistica (circolare n. 53616 AGO/262 del 3/12/1984), ai fini del perfezionamento dei requisiti previsti dall’articolo 1, ultimo comma, della legge n. 29/79, non si ritiene che l’equiparazione, ai sensi dell’art.1, commi 6 e 10 della legge n. 222/1984, dei periodi di godimento dell’assegno di invalidità a periodi di contribuzione, ai fini del conseguimento dei requisiti per il diritto a pensione indiretta e a pensione di vecchiaia, possa essere estesa in via analogica a situazioni diverse da quelle espressamente considerate dalla citata legge n. 222/1984.
Pertanto i periodi di godimento dell’assegno in questione, per i quali non sia stata prestata attività lavorativa, non possono essere considerati utili al fine del perfezionamento dei requisiti di contribuzione di cui all’art. 1, ultimo comma, della legge n. 29/1979.

3 – PRE-PENSIONAMENTO
3.1. CENTRALINISTI NON VEDENTI

Quesito
Possibilità di cumulare i benefici previsti dall’art. 16 della legge 23 aprile 1981, n. 155 (maggiorazione convenzionale dell’anzianità contributiva) con quelli previsti per i centralinisti non vedenti dall’articolo 9, comma 2 della legge 29 marzo 1985, n. 113 (accredito di quattro mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio).

Chiarimenti
La domanda intesa ad ottenere la contemporanea attribuzione dei benefici di che trattasi è accoglibile.
Infatti i due benefici sono, di per sè, cumulabili: tuttavia è opportuno precisare che l’accredito di contribuzione ex lege n. 113/1985 è riconoscibile per ogni anno di servizio effettivamente svolto e che, pertanto, lo stesso non è consentito in relazione a periodi di aumento dell’anzianità contributiva convenzionale quali quelli derivanti dall’art. 16 della citata legge n. 155/1981

3.2. AZIENDE SIDERURGICHE

Quesito
È stato chiesto di conoscere se un’assicurata avente titolo al trattamento di pensionamento anticipato ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 120/89 convertito nella legge n. 181/89 quale lavoratrice del settore siderurgico, possa ottenere l’applicazione delle sentenze n.
371 del 3 luglio 1989 e n. 134 del 18-29 marzo 1991, con le quali la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità del combinato disposto dell’art. 16 della legge n. 155/81 e 1 della legge n. 193/84.

Chiarimenti
Al riguardo si fa presente che la pronunzia di incostituzionalità di una disposizione di legge non può essere estesa a norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, ancorchè esse costituiscano applicazione dello stesso principio generale contenuto nella norma già dichiarata costituzionalmente illegittima.
Tale criterio risulta chiaramente enunciato nelle circolari applicative delle citate sentenze della Corte Costituzionale (circ.
n. 17 del 17 gennaio 1990 e n. 201 del 30 luglio 1991), laddove si precisa che l’incremento dell’anzianità contributiva previsto dalle sentenze stesse deve essere attribuito alle sole lavoratrici del settore siderurgico aventi titolo al pensionamento anticipato ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 16 della legge n. 155/81 e 1 della legge n. 193/84.
Resta, pertanto, fermo che nei confronti dell’assicurata di cui sopra il principio sancito dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 371/89 e n. 134/91 non può trovare applicazione.

3.3. LAVORATORI PORTUALI

Quesito
Computabilità dei periodi di lavoro svolti in Paesi esteri convenzionati.

Chiarimenti
Si conferma la possibilità di estendere anche ai lavoratori portuali il principio secondo il quale, ai fini del perfezionamento del requisito contributivo richiesto dalla legge n.26/1987 per il conseguimento del diritto al pensionamento anticipato, sono computabili, come per il settore industria, i periodi di lavoro svolti in Paesi esteri convenzionati (cfr. punto 7 della circ. n. 53581 del 21.7.1981).

4. INTEGRAZIONE AL MINIMO
4.1. INTEGRAZIONE AL MINIMO NEL CASO DI TITOLARITÀ DI PIÙ PENSIONI.

Quesito
Sono stati chiesti chiarimenti circa la corretta applicazione del disposto di cui all’art. 6, comma 3, della legge n.
638/1983 che regolamenta il diritto alla integrazione al trattamento minimo per i titolari di più pensioni, nella ipotesi di pensione a carico dell’AGO liquidata sulla base di almeno 781 settimane di contribuzione obbligatoria, effettiva e figurativa, coesistente con pensione a carico di una delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi avente decorrenza dal 1  gennaio 1988 o successiva e, comunque, anteriore a quella della pensione A.G.O.
Si tratta di stabilire se, in tali casi, deve trovare applicazione la prima parte del comma 3 secondo cui, a parità di importo di trattamento minimo, l’integrazione è dovuta sulla pensione della gestione speciale avente decorrenza più remota, ovvero l’ultima parte del comma 3, secondo cui la integrazione è dovuta in ogni caso sulla pensione A.G.O. costituita per effetto di almeno n. 781 contributi settimanali. Quest’ultima disposizione, infatti, per la sua collocazione sistematica, sembra riferirsi alla ipotesi che entrambe le pensioni siano a carico della stessa gestione pensionistica.

Chiarimenti
Al riguardo deve considerarsi che al momento in cui la disposizione in questione è stata emanata e finchè l’importo del trattamento minimo delle pensioni a carico delle Gestioni Speciali per i lavoratori autonomi non è stato parificato a quello delle pensioni a carico del F.P.L.D., l’ipotesi regolamentata dall’ultima parte del comma 3 dell’articolo 6 non poteva verificarsi in presenza di pensione a carico di una gestione speciale, dovendosi comunque escludere l’integrabilità di quest’ultima pensione in quanto avente un trattamento minimo di importo meno elevato; per tale motivo la disposizione non poteva che concernere la titolarità di pensione ai superstiti costituita per effetto di oltre 780 contributi settimanali e di pensione diretta, entrambe a carico del F.P.L.D.
Ciò premesso, si ritiene che, anche a seguito dell’equiparazione dei trattamenti minimi, il disposto del comma 3, ultima parte, debba continuare ad applicarsi nel senso indicato all’epoca dal legislatore, attribuendo la integrazione sulla pensione a carico del F.P.L.D. con oltre 780 contributi settimanali, anche se avente decorrenza posteriore a quella della gestione speciale per i lavoratori autonomi.
È indubbio, infatti, che la scelta del legislatore è stata dettata  dall’intento di assicurare l’integrazione di tale trattamento di pensione in quanto più vantaggiosa, intento presente anche nelle successive norme di legge. Sia l’articolo 4 della legge n. 140/1985 che l’articolo 1 del D.P.C.M. 16 dicembre 1989 hanno, infatti, voluto privilegiare le pensioni A.G.O. costituite da almeno 781 contributi settimanali, integrate ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 638/1985, disponendone la riliquidazione in aumento, anche se non aventi titolo alla maggiorazione ex articolo 14 quater, 3 comma, della legge n. 33/1980, abrogato dalla stessa legge n.
140/1985.
Nella generalità dei casi, per effetto della riliquidazione dette pensioni sono divenute di importo superiore al trattamento minimo consentendo, a seconda della situazione reddituale del pensionato, l’integrazione totale o parziale dell’altra pensione.
In relazione a quanto premesso,ai fini dell’applicazione del comma 3 dell’articolo 6, nessun effetto particolare consegue alla titolarità di due pensioni a carico della stessa Gestione Speciale per i lavoratori autonomi,una delle quali costituita per effetto di almeno 781 settimane di contribuzione. Tale circostanza, infatti, non ha mai avuto rilevanza nè per l’articolo 6 della legge n. 638/1983 nè per le citate disposizioni successivamente emanate; in tali casi, quindi, la integrazione al minimo è dovuta sulla pensione diretta.

4.2. PENSIONI DI RIVERSIBILITÀ PROVENIENTI DA PENSIONE DIRETTA CON OLTRE 780 CONTRIBUTI. ARTICOLO 1 DEL D.P.C.M. 16 DICEMBRE 1989.

Quesito
Possibilità di riliquidare ai sensi dell’articolo 1 del D.P.C.M. 16 dicembre 1989 le pensioni So provenienti da pensione diretta con oltre 780 settimane di contribuzione obbligatoria, effettiva e figurativa a suo tempo riliquidata ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 140/1985.

Chiarimenti
Al riguardo si fa presente che l’articolo 1 del D.P.C.M., nel disporre la riliquidazione delle pensioni con oltre 780 contributi settimanali aventi decorrenza compresa tra il 1  gennaio 1984 ed il 31 dicembre 1989, ha precisato, al comma 3, che, a tali fini, per le pensioni di reversibilità è presa a riferimento la data di decorrenza delle corrispondenti pensioni dirette.
Nel caso prospettato la pensione diretta, avendo 140/1985 ha, quindi, decorrenza anteriore al 1  gennaio 1984.
In tale considerazione, la pensione di reversibilità deve essere esclusa dall’applicazione dell’articolo 1 del D.P.C.M. 16 dicembre 1989.

4.3. TITOLARI DI PENSIONE DI INVALIDITÀ SOSPESA EX ARTICOLO 8 LEGGE N. 638/1983 E DI PENSIONE AI SUPERSTITI.

Quesito
Titolari di pensione SO e di pensione di invalidità integrata al trattamento minimo, il cui pagamento è stato sospeso dal 1  ottobre 1983 ai sensi dell’art. 8, 1  comma, della legge n.
638/1983. Possibilità di accogliere la richiesta degli interessati intesa ad ottenere, dalla stessa data, la integrazione al trattamento minimo della pensione di riversibilità.

Chiarimenti
La richiesta non è accoglibile alla luce della normativa vigente. Infatti gli interessati sono pur sempre titolari di pensione di invalidità integrata al trattamento minimo, anche se in concreto non percepibile finchè permangono le condizioni ostative di età e di reddito previste dall’articolo 8 della legge n.
638/1983; l’eventuale trasferimento della integrazione al minimo su pensione diversa da quella già integrata, previsto dal comma 3 dell’art. 6 della legge n. 638/1983 per i titolari di più pensioni, è da escludere essendo subordinato alla condizione che non siano superati i limiti di reddito di cui allo stesso art. 6, laddove gli interessati possiedono redditi superiori al più alto limite fissato dall’art. 8. Quand’anche, infine, gli interessati potessero considerarsi titolari della sola pensione di riversibilità che in effetti percepiscono, questa non sarebbe ugualmente integrabile per lo stesso motivo del possesso di redditi superiori ai limiti di legge.

5. INDEBITI PENSIONISTICI
5.1. ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ. EROGAZIONE FINO ALLA MANCATA CONFERMA.

Quesito
Titolare di assegno con decorrenza 1  febbraio 1986. In seguito a domanda di conferma presentata prima della scadenza del triennio, è stato ritenuto di non confermare la prestazione, nel frattempo rimasta in pagamento. Applicabilità o meno della sanatoria ex art. 52 della legge n. 88/1989.

Chiarimenti
Nel periodo che intercorre dalla scadenza del triennio alla comunicazione della mancata conferma, il pagamento delle rate di assegno da parte dell’INPS non avviene per errore, ma in quanto effettivamente dovuto, dato che l’obbligazione di effettuare tali pagamenti viene meno retroattivamente solo nel momento in cui è stata comunicata la mancata conferma dell’assegno di invalidità per un nuovo triennio. Pertanto deve ritenersi che siffatta fattispecie non rientri nel campo di applicazione dell’art. 52, L. 88/1989 ma in quello della disciplina generale. Consegue che l’interessato è tenuto a restituire le somme indebitamente riscosse.

5.2. TITOLARE DI PENSIONE DI ANZIANITÀ A CARICO DI UNA DELLE GESTIONI PER I LAVORATORI AUTONOMI. SUCCESSIVA LIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA A CARICO DELL’A.G.O.

Quesito
In attesa della liquidazione del nuovo trattamento pensionistico, è stata mantenuta in pagamento la pensione VO/ANZ.
Successivamente si è provveduto a revocare la pensione della Gestione speciale dalla data di decorrenza della nuova pensione VO, ma sono stati posti in pagamento gli arretrati relativi al nuovo trattamento pensionistico senza operare la compensazione con quanto già percepito dal pensionato per lo stesso periodo a titolo di VO/ART. Applicabilità della sanatoria ex art. 52 della legge n.
88/1989.

Chiarimenti
A causa del mancato abbinamento delle operazioni relative alla liquidazione della nuova pensione ed alla revoca del precedente trattamento, sono state erroneamente poste in pagamento somme che, invece, avrebbero dovuto formare oggetto di compensazione legale tra credito del pensionato e credito dell’Istituto.
In altri termini, nel caso di specie, l’indebito si è costituito a seguito di un errore consistente nella mancata rilevazione, da parte della Sede, di elementi direttamente valutabili (titolarità di pensione), senza che tale circostanza possa in qualche modo essere imputata a comportamento doloso dell’interessato.
Trova, pertanto, applicazione la sanatoria ex art. 52 della legge n. 88/1989.

5.3. RECUPERO INDEBITI SU ARRETRATI SPETTANTI A TITOLO EREDITARIO.

Quesito
Con sentenza passata in giudicato l’Istituto è stato condannato a corrispondere alla erede di un pensionato deceduto i ratei della pensione ordinaria di inabilità dallo stesso maturati fino alla data del decesso. L’erede, titolare di pensione di vecchiaia, risultava debitrice di somme verso l’Istituto per indebita percezione del trattamento minimo a seguito di superamento dei limiti di reddito. Possibilità di procedere al recupero sugli arretrati spettanti quale erede del pensionato deceduto.

Chiarimenti
Le somme spettanti a titolo di arretrati deve ritenersi siano entrate, “jure successionis”, a far parte del patrimonio dell’erede costituendone cespite sul quale, a mente della circolare n. 53391 Prs./4 dell’ 8 gennaio 1970, l’Istituto può rivalersi per la realizzazione del proprio credito.

5.4. INDEBITI PER QUOTE FISSE

Quesito
Titolare di pensione di vecchiaia dal 1  dicembre 1967 il quale, già in sede di presentazione della domanda, aveva dichiarato la titolarità di altra pensione a carico dello Stato con decorrenza dal novembre 1952. Di tale circostanza non veniva tenuto conto, per cui continuava la erogazione, sulla pensione di vecchiaia, delle quote in cifra fissa fino al giugno 1988, nonostante il fatto che la Direzione Provinciale del Tesoro, in data 11 aprile 1985 avesse, a sua volta, comunicato la titolarità della pensione a carico dello Stato, comprensiva della indennità integrativa speciale.

Chiarimenti
Esistono i presupposti per la applicabilità della sanatoria ex art. 52 della legge n. 88/1989. Non vi è dubbio, infatti, che l’indebito consegue ad un errore imputabile all’Istituto, consistente nella omessa valutazione di un dato già disponibile (titolarità della pensione statale) per cui, secondo i criteri diramati con la circolare n. 101 del 27 aprile 1990, sono irripetibili le somme riscosse a titolo di quote in cifra fissa.

5.5. INDEBITI CONSEGUENTI AL VENIR MENO DEL DIRITTO A PENSIONE

Quesito
A causa di un errore nel computo dei contributi, è stata attribuita una pensione a favore di un assicurato che, in realtà, non poteva far valere il requisito minimo per il diritto alla prestazione richiesta.

Chiarimenti
Trattasi di un errore che, secondo i criteri di cui alla circolare n. 101/1989 sopramenzionata (“errore di diritto”), determina la applicabilità della sanatoria ex articolo 52 della legge n. 88/1989. Il caso è, evidentemente, diverso da quello contemplato a pag. 4 della più volte citata circolare n. 101/1990 (“inesistenza del rapporto assicurativo”) il quale implica che risulti venuto meno, in tutto ovvero in parte, il rapporto assicurativo non già per un errore imputabile all’Istituto ma per un fatto ad esso estraneo.

5.6. PENSIONI PSO

Quesito
Indebiti conseguenti a mancata tempestiva revoca di pensioni PSO per il venir meno delle condizioni richieste per il mantenimento del diritto. Tenuto conto che la pensione PSO è posta a carico della Gestione per gli Interventi Assistenziali di cui all’art.37 della legge n. 88/1989, il cui finanziamento è a carico dello Stato – gestione non menzionata dall’articolo 52 della stessa legge n. 88/1989 ai fini dell’applicazione della sanatoria degli indebiti – è stato chiesto di conoscere se siano o meno ripetibili le somme indebitamente percepite.

Chiarimenti
Sussistono i presupposti per l’applicazione della sanatoria ex art. 52. Invero, il fatto che la pensione PSO sia posta a carico della Gestione sopramenzionata non può ritenersi circostanza preclusiva dell’applicabilità della sanatoria, come è dimostrato dal fatto che la pensione sociale, anch’essa a carico della Gestione per gli Interventi Assistenziali, rientra nella previsione della norma di cui all’art. 52 più volte citato.
Poichè, nel caso di specie, l’indebito consegue ad un errore di pagamento imputabile all’Istituto senza che ricorra il dolo dell’interessato, si ritiene sussistano i presupposti per l’applicazione della sanatoria ex art. 52.

5.7. ANNULLAMENTO DI CONTRIBUZIONE FIGURATIVA PER PERIODI DI DISOCCUPAZIONE

Quesito
Erogazione della indennità ordinaria di disoccupazione, con accredito della relativa contribuzione figurativa, nonostante l’interessato risultasse iscritto negli elenchi dei CD/CM circostanza, questa, preclusiva del diritto alla indennità di disoccupazione. A seguito dell’annullamento della contribuzione figurativa già accreditata sono venuti meno, dalla decorrenza originaria, i requisiti di contribuzione per il diritto a pensione di vecchiaia, con conseguente costituzione di una situazione debitoria.

Chiarimenti
In proposito si ribadisce che la sanatoria ex art.52 va applicata in tutti i casi in cui, in assenza di dolo da parte dei percipienti, sia ravvisabile un errore imputabile all’Istituto.
Nel caso qui prospettato non senbra dubbio che all’origine della situazione debitoria vi sia stato un errore dell’Istituto consistente nella mancata valutazione di dati disponibili (“nonostante lo stesso risultasse iscritto negli elenchi dei coltivatori diretti”), preclusivi del diritto alla prestazione di disoccupazione e, conseguentemente, del diritto al relativo accredito di contribuzione figurativa, il cui annullamento ha comportato il venir meno del diritto a pensione per vecchiaia.
Pertanto, in assenza di dolo da parte dell’interessato, deve trovare applicazione la sanatoria ex art. 52.
A conclusioni diverse si sarebbe dovuto pervenire ove il rapporto assicurativo fosse venuto meno per fatto non imputabile all’Istituto (es. successiva cancellazione dagli elenchi di categoria; riscatto etc.) come precisato con la circolare n. 101 del 27 aprile 1990.

5.8. INDEBITI CONSEGUENTI AD ERRORI DEGLI UFFICI POSTALI

Quesito
Applicabilità o meno della sanatoria nei casi in cui gli Uffici postali hanno posto in pagamento il mandato aggiuntivo anche a favore di quei pensionati che hanno restituito i Modd. MSP/89 e APS/89 senza chiedere le provvidenze di legge, in quanto hanno annerito la casella contrassegnata dal “NO” oppure hanno dichiarato redditi propri o del coniuge diversi da zero.

Chiarimenti
Non è applicabile la sanatoria ex art. 52 in quanto i pensionati hanno riscosso somme non dovute nella consapevolezza di non averne fatto richiesta o, comunque, di non averne diritto.
Aggiungasi che, nei casi in esame, non è neppure ravvisabile un errore imputabile all’Istituto, in quanto l’indebito è da ricondurre al comportamento degli Uffici Postali, che hanno posto in pagamento somme a favore di soggetti non aventi titolo.

Quesito
Maggiorazioni e aumenti di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 544/1989.
L’ufficio pagatore, nel restituire alla Sede il plico dei modelli MSP/89 ed APS/89 relativi a pensionati ai quali non erano stati corrisposti i benefici di cui sopra, ha erroneamente inserito, nello stesso, alcuni modelli relativi a pensionati nei cui confronti, in realtà, si era provveduto al pagamento. Nella impossibilità di rilevare tale circostanza, la Sede ha, a suo volta, corrisposto le provvidenze di legge. Applicabilità o meno della sanatoria ex art. 52 della legge n. 88/89.

Chiarimenti
Come precisato con la circolare n. 101 del 27 aprile 1990, presupposto per l’applicabilità della sanatoria – a parte l’assenza di dolo del pensionato – è la presenza di un errore imputabile all’Istituto, da cui sia derivato l’indebito.
Nei casi prospettati, invece, l’indebito consegue ad un errore imputabile ad un Ente diverso dall’Istituto, per cui le somme indebitamente percepite sono ripetibili.

5.9. INDEBITI CONSEGUENTI AL TRASFERIMENTO DELLA INTEGRAZIONE AL MINIMO NEL CASO DI TITOLARITÀ DI DUE PENSIONI.

Quesito
Titolare di pensione di invalidità a carico dell’A.G.O. integrata al trattamento minimo, concessa con decorrenza dal 1 agosto 1982 sulla base di un numero di contributi settimanali inferiore a 781, cui è stata successivamente liquidata una pensione di reversibilità a carico della stessa A.G.O. con importo “da calcolo”, sulla base di un numero di contributi settimanali superiore a 780. È stato infatti ritenuto applicabile il criterio di cui al punto 2, sub c) della deliberazione consiliare n. 41 del 17 febbraio 1984 (attribuzione della integrazione al minimo sulla pensione avente decorrenza più remota), per cui è stata mantenuta la integrazione al minimo sulla pensione di invalidità. Essendo stato successivamente precisato (cfr. circolare n. 165 del 25 luglio 1989) che non è possibile derogare al disposto di cui all’articolo 6, 3  comma della legge n. 638/1983 – per cui, in effetti, nel caso in esame la integrazione al minimo andava attribuita sulla pensione di riversibilità in quanto costituita per effetto di un numero di contributi settimanali non inferiore a 781 – la integrazione al minimo è stata trasferita sulla predetta pensione, con conseguente insorgenza di un indebito sulla pensione di invalidità, in ordine al quale è stato chiesto di conoscere se sia applicabile o meno la sanatoria ex articolo 52 della legge n. 88/1989.

Chiarimenti
Con la circolare n. 60095 A.G.O./50 del 7 marzo 1984, sub 2), nel fornire le istruzioni applicative della sopracitata deliberazione consiliare n. 41 era stato già chiarito che, nel caso di concorso di pensione diretta ed ai superstiti a carico della stessa Gestione assicurativa, la integrazione al minimo va liquidata sulla pensione diretta tranne il caso in cui una delle pensioni risulti costituita per effetto di un numero di contributi settimanali non inferiore a 781. In tale caso, infatti, trova applicazione l’ultima parte del 3  comma dell’articolo 6 della legge n. 638/1983, il quale dispone che la integrazione al minimo va attribuita sulla pensione costituita con un numero di contributi settimanali non inferiore a 781. Poichè, dunque, l’indebito consegue ad un errore imputabile all’Istituto si ritiene che debba essere applicata la sanatoria ex articolo 52.

6. PENSIONE SOCIALE
6.1. PENSIONE GIÀ ELIMINATA PER MANCATA RISCOSSIONE DA PARTE DI INVALIDO CIVILE ULTRASESSANTACINQUENNE. DOMANDA DI RIPRISTINO.

Quesito
Possibilità o meno di accogliere la domanda tenuto conto che la pensione, non essendo stata più riscossa, poteva considerarsi non in essere alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria del 21 marzo 1988, n. 93.

Chiarimenti
La richiesta dell’interessato, nei limiti dei termini prescrizionali, va accolta, dovendosi ritenere che il sussistere del diritto soggettivo alla prestazione non può essere messo in discussione dalla mancata riscossione che ha determinato il ritiro degli ordinativi di pagamento dall’Ufficio pagatore.
La pensione sociale può, quindi, considerarsi già liquidata nel significato attribuito a tale termine dall’Istituto in sede di interpretazione della Legge n. 93/1988.

6.2. INVALIDO CIVILE PARZIALE. REVOCA DELLA PROVVIDENZA STATALE.

Quesito
Invalido civile parziale, che ha sempre percepito la pensione sociale sostitutiva dell’assegno assistenziale erogato dal Ministero dell’Interno, il quale, a seguito di revisione disposta dalla apposita Commissione Medica, è stato riconosciuto affetto da una più bassa percentuale di invalidità e, comunque, tale da determinare la perdita del diritto alla provvidenza statale e la conseguente revoca della prestazione sostitutiva pagata dall’Istituto. Possibilità o meno di liquidare la pensione sociale ex articolo 26

Chiarimenti
Una volta venuto meno il diritto alla prestazione ministeriale ed alla collegata pensione sociale, a seguito della revisione medica che ha accertato la riduzione della percentuale di invalidità a meno di 2/3, affinchè sorga il diritto al trattamento ex art. 26 sopramenzionato non può non ritenersi condizione essenziale la presentazione di una apposita domanda.
Ciò in quanto la normativa che disciplina le prestazioni erogate dallo Stato in favore dei minorati civili (legge 18 dicembre 1973, n. 854) prevede che, al compimento del 65  anno di età, l’assegno assistenziale goduto dagli interessati si trasformi in pensione sociale ma non dispone che, in caso di successiva perdita del diritto all’assegno assistenziale per il venir meno della causa invalidante, la pensione sociale sostitutiva fino ad allora goduta debba “sic et simpliciter” trasformarsi in pensione sociale ex art.26.
In altri termini deve ritenersi che l’esito negativo della revisione medica comporti la caducazione del diritto alla provvidenza assistenziale nei limiti temporali dalla apposita Commissione individuati e, conseguentemente, la perdita della pensione sociale.
Venuto, pertanto, meno il presupposto indefettibile della pensione sociale, cessa l’automatismo previsto dall’art. 19, legge n. 118/1971 e dall’art. 11, legge n. 854/1973 e l’interessato potrà avere diritto alla pensione sociale c.d. “autonoma” ove ricorrano tutte le condizioni prefissate nella legge istitutiva, ivi compreso l’onere della relativa domanda.
Tuttavia, nei casi in cui risultasse trascorso un notevole lasso di tempo senza che fossero stati forniti

Chiarimenti
all’interessato, con possibilità di contenzioso dall’esito probabilmente non favorevole per l’Istituto, occorrerà verificare se l’interessato può vantare titolo alla pensione sociale, intera o ridotta, ed in via eccezionale si potrà attribuire tale trattamento con la stessa decorrenza dalla quale ha avuto effetto la revoca della pensione sociale sostitutiva.
In via ordinaria, invece, si dovrà procedere con ogni sollecitudine alla revoca del trattamento non più dovuto, inviando contestuale comunicazione agli interessati per rendere loro noto che potranno ottenere la pensione sociale ex art. 26 sempre che, ricorrendone i requisiti, presentino apposita domanda.

6.3. INVALIDO CIVILE TOTALE. REVOCA DELLA PENSIONE SOCIALE PER MOTIVI REDDITUALI.

Quesito
Invalido civile totale, titolare di PS, SO e IO di importo superiore al trattamento minimo nei cui confronti, a seguito della riliquidazione della pensione di riversibilità in applicazione della sentenza n. 314/1985, si è determinato il venir meno del diritto alla pensione sociale per superamento dei limiti di reddito.
In relazione alla circostanza che il predetto superamento dei limiti di reddito si è determinato a seguito della corresponsione delle somme maturate a titolo di arretrati, è stato chiesto di conoscere – ai fini della revoca della prestazione – se ci si debba attenere al criterio di competenza, che comporterebbe il venir meno del diritto alla pensione sociale “ab origine”, ovvero al criterio di cassa, che comporterebbe la revoca a decorrere dall’anno della corresponsione delle somme arretrate.

Chiarimenti
Deve essere privilegiato, nella specie, il criterio di cassa e, pertanto, si dovrà procedere alla revoca della pensione sociale con decorrenza 1  gennaio dell’anno in cui viene erogato l’importo maturato a titolo di arretrati.
Tuttavia, qualora il diritto alla prestazione di che trattasi insorga nuovamente nell’assicurato con effetto dall’anno successivo a quello in cui vengono materialmente erogati gli arretrati in questione, al fine di evitare il ripristino della prestazione a partire da tale anno, si dovrà provvedere a recuperare sull’importo degli arretrati l’ammontare della pensione sociale non spettante, mantenendo in essere la pensione stessa.
Ciò per evidenti motivi di equità, dal momento che il ritardo nella riliquidazione della pensione – che ha comportato il costituirsi degli arretrati – non può ritorcersi in danno del pensionato. Nel relativo fascicolo dovrà ovviamente essere apposta l’annotazione in ordine all’avvenuto recupero.
Analogamente, a criteri di cassa dovrà essere ricondotta la definizione del caso di titolare di pensione A.G.O. con maggiorazione di cui all’art. 1 della legge n. 140/1985 al quale venga liquidata una pensione sociale erogata in sostituzione dell’assegno assistenziale.
Anche in tale ipotesi, fatto salvo, ovviamente, il caso dell’incompatibilità, la maggiorazione dovrà essere revocata a decorrere dal 1  gennaio dell’anno nel quale vengono superati i limiti previsti per il riconoscimento della maggiorazione stessa.

7. BENEFICI COMBATTENTISTICI.
7.1. PENSIONI RILIQUIDATE PER ATTRIBUZIONE DEI BENEFICI DI CUI ALL’ARTICOLO 2 LEGGE N. 336/1970.

Quesito
Criteri per la applicazione del D.P.C.M. del 16 dicembre 1989 e della sentenza della Corte Costituzionale n. 72/1990.

Chiarimenti
Nei casi di specie la retribuzione media settimanale presa a base per il calcolo della pensione originaria, a seguito di domanda da parte degli interessati va rideterminata secondo le nuove misure fissate dal D.P.C.M. sopracitato, nel caso di pensioni liquidate con decorrenza compresa dal 1  gennaio 1971 al 31 dicembre 1984.
La retribuzione pensionabile così rideterminata va raffrontata, secondo le disposizioni vigenti, con la retribuzione “tabellare” riconosciuta dall’Ente datore di lavoro e con quella determinata secondo le norme “comuni”.
Il Decreto in argomento produce effetti anche sui trattamenti pensionistici interessati dall’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n.72/1990, la quale, come è noto, ha esteso alle pensioni con decorrenza anteriore al 1  gennaio 1988 la valutazione ai fini pensionistici delle quote di retribuzione eccedenti il “tetto” di cui all’art. 21 della legge n.67/1988.
Infatti, le pensioni rientranti nell’ambito di applicazione di entrambi i provvedimenti suddetti vanno ricalcolate dal 1 gennaio 1988 tenendo conto dei massimali previgenti e, con effetto dal 1  gennaio 1990 ovvero dal primo giorno del mese successivo alla domanda, sulla base dei massimali previsti dal Decreto.

7.2. MAGGIORAZIONE EX ARTICOLO 6, LEGGE 15 APRILE 1985, N. 140.

Quesito
Diritto o meno alla maggiorazione ex art. 6 della legge n.140/1985 nella misura comprensiva delle perequazioni intervenute tra la data di attribuzione originaria sulla pensione Vr e la data di decorrenza della pensione Vo, successivamente liquidata ai sensi dell’art.2 ter della legge n.114/1974, previa revoca della pensione Vr.

Chiarimenti
Va attribuita la maggiorazione sulla pensione Vo senza il computo degli incrementi per perequazione.
Infatti, la liquidazione della pensione Vo in applicazione dell’articolo 2 ter comporta non la trasformazione della pensione Vr nella pensione Vo bensì la eliminazione della prima pensione e la attribuzione della seconda come prima liquidazione, a domanda degli interessati e con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda stessa.
Anche la maggiorazione prevista dall’articolo 6 della legge 140/1985, quindi, costituendo, a norma dello stesso articolo 6, parte integrante del trattamento di pensione, è da eliminare assieme alla prestazione principale ed è da attribuire ex novo sulla pensione di nuova liquidazione con la stessa decorrenza della pensione e nella misura iniziale prevista dalla legge n. 140/1985.

Quesito
Decorrenza da attribuire ai benefici combattentistici qualora la relativa domanda non sia presentata contestualmente alla domanda di pensione, ma sia presentata durante gli adempimenti istruttori e comunque prima della liquidazione della pensione.

Chiarimenti
Per espressa previsione legislativa la maggiorazione ex art. 6 della legge n.140/1985, è dovuta, sulle pensioni aventi decorrenza successiva alla data di entrata in vigore della legge stessa, a decorrere “dal 1  giorno del mese successivo alla presentazione della relativa domanda” (vedasi circolare n. 60105 A.G.O. del 25 maggio 1985, A.U. 1985, pag. 1510).
La maggiorazione in parola, pertanto, deve essere attribuita a decorrere da tale data, a nulla rilevando che la domanda sia stata presentata prima della liquidazione della pensione.

8 – GESTIONI SPECIALI PER I LAVORATORI AUTONOMI 8.1 DOMANDA DI PENSIONE SUPPLEMENTARE DI VECCHIAIA IN PRESENZA DI CONTRIBUZIONE NELL’A.G.O. E NELLE GESTIONI SPECIALI.

Quesito
Titolare di pensione a carico della C.P.D.E.L. che, al compimento dell’età pensionabile, ha presentato domanda di pensione per vecchiaia supplementare potendo far valere contribuzione sia nella A.G.O. che nella Gestione Speciale CD/CM. Poichè il diritto a pensione risulterebbe raggiunto in entrambe le Gestioni pensionistiche, si è posto il problema del tipo di prestazione da liquidare all’interessata.

Chiarimenti
A stretto rigore, una interpretazione meramente letterale della normativa che disciplina i rapporti tra AGO e Gestioni speciali per i lavoratori autonomi indurrebbe a ritenere doversi liquidare la pensione supplementare a carico dell’AGO – essendo qui perfezionati i relativi requisiti – ed un supplemento a carico della Gestione CD/CM.
Ove, tuttavia, si procedesse nei termini di cui sopra lo importo della pensione, comprensivo del supplemento, sarebbe di gran lunga inferiore all’importo ottenuto liquidando la pensione Vr supplementare con il computo dei contributi versati nella AGO, dati i più vantaggiosi criteri di calcolo introdotti dall’art.6, commi 8 e seguenti, della legge n. 638/1983 per le pensioni a carico delle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi.
Si ritiene, invece, che la “ratio” della normativa vigente in materia di rapporti tra AGO e Gestioni Speciali – segnatamente l’art.20 della legge n. 613/1966 e l’art. 2 ter della legge n.
114/1974 – sia quella di riservare all’assicurata richiedente la prestazione il trattamento di maggior favore che, nel caso rappresentato, consiste nel liquidare la pensione Vr supplementare comprensiva anche dei contributi della A.G.O.
Peraltro, ad evitare eventuali successive contestazioni, si ritiene opportuno che si liquidi il trattamento più favorevole soltanto su espressa richiesta dell’interessata, da presentare entro un congruo termine con esplicito impegno di irrevocabilità.

8.2. DOMANDA INTESA AD OTTENERE LA PENSIONE DI ANZIANITÀ A CARICO DELL’A.G.O. – SUSSISTENZA DEI REQUISITI NELLA GESTIONE ARTIGIANI.

Quesito
Domanda intesa ad ottenere la pensione di anzianità a carico della A.G.O. respinta per insufficienza contributiva.
Successivo ricorso inteso ad ottenere la pensione a carico della Gestione artigiani. Possibilità di liquidare la prestazione mediante il cumulo di tutti i contributi versati.

Chiarimenti
La richiesta dell’interessato può trovare senz’altro accoglimento, atteso che la vigente normativa, e segnatamente l’art.
20 della legge n. 613/1966, se da una parte è esplicitamente ispirata al criterio di riconoscere al richiedente la prestazione il trattamento di maggior favore, individuato nella pensione a carico dell’AGO, dall’altra stabilisce il diritto dell’interessato a liquidare comunque la prestazione – salvo diverso avviso specificatamente manifestato – nella gestione a carico della quale risultano perfezionati i prescritti requisiti.
Poichè nel caso di specie l’interessato, mentre non risulta in possesso dei requisiti per il diritto a pensione a carico della A.G.O., può far valere gli stessi nella gestione artigiani con il cumulo di tutti i contributi versati, la volontà, manifestata nella domanda, di ottenere la pensione di anzianità nell’A.G.O. può essere ragionevolmente intesa come richiesta di esaminare la domanda innanzitutto nella predetta assicurazione generale obbligatoria, fermo restando l’interesse, manifestato con il ricorso al Comitato Provinciale, a liquidare comunque la pensione di anzianità a carico della gestione nella quale risultino perfezionati i requisiti di legge.

8.3 MAGGIORAZIONE DELLA ANZIANITÀ CONTRIBUTIVA DELLA PENSIONE DI INABILITÀ.

Quesito
Individuazione dei criteri per il computo della maggiorazione convenzionale della anzianità contributiva nei casi di pensione di inabilità da liquidare a carico di una delle Gestioni per lavoro autonomo con il cumulo di contribuzione versata in più gestioni assicurative.

Chiarimenti
Ai sensi dell’articolo 2, comma 3 della legge 12 giugno 1984, n. 222 la maggiorazione deve essere calcolata solo ed esclusivamente a carico della gestione da lavoro autonomo alla quale l’assicurato ha contribuito, continuativamente o prevalentemente, nell’ultimo triennio di lavoro autonomo.
Ai fini del calcolo della pensione con il sistema reddituale, l’anzianità assicurativa maturata nella gestione individuata con i criteri indicati dalla disposizione innanzi richiamata, deve essere maggiorata di un periodo pari a quello compreso tra la data di decorrenza della pensione e la data di compimento dell’età richiesta per il pensionamento di vecchiaia dei lavoratori autonomi.
Sulla base dei criteri innanzi esposti deve essere comunque escluso che per i casi in esame la maggiorazione di anzianità possa essere attribuita sulla eventuale quota di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti.

8.4. NUOVO SISTEMA DI CALCOLO DEI SUPPLEMENTI DA LIQUIDARE A CARICO DELLE GESTIONI DEI LAVORATORI AUTONOMI.

Quesito
Titolari di pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti i quali, a seguito della estensione, dal 1  luglio 1990, del nuovo sistema di calcolo delle pensioni dei lavoratori autonomi anche ai supplementi da liquidare a carico delle predette gestioni, hanno rinunciato alle domande di supplemento presentate prima della entrata in vigore della legge 2 agosto 1990, n.233 ed hanno chiesto la liquidazione della prestazione con il nuovo sistema di calcolo reddituale a far tempo dal 1  luglio 1990 e non dalla successiva data della rinuncia.

Chiarimenti
La richiesta dei pensionati non può essere accolta in quanto, con l’atto di rinuncia, deve ritenersi concluso il procedimento amministrativo relativo alle richieste di supplemento presentate anteriormente alla data del 1  luglio 1990.
Pertanto, la decorrenza da attribuire al supplemento in questione non può avere effetto retroattivo, ma dovrà essere fissata al primo giorno del mese successivo alla data dell’atto di rinuncia con il quale, nel contempo, è stata formulata la nuova domanda di supplemento tendente ad ottenere la liquidazione con i nuovi criteri introdotti dagli articoli 6 e 9 della legge n.233/1990.

8.5. TITOLARE DI ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ NELLA GESTIONE COMMERCIANTI. LIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA NELL’A.G.O.

Quesito
Possibilità di liquidare la pensione di vecchiaia a carico della A.G.O. in applicazione dell’articolo 2 ter della legge n.
114/1974.

Chiarimenti
Il titolare di assegno di invalidità ex art.1 della legge 222/1984 può avvalersi, così come il titolare di pensione di invalidità ex art. 10 del R.D.L. n. 636/1939, della facoltà concessa ai pensionati delle Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi dall’art. 2 ter della legge n. 114/1974 ai fini del conseguimento della pensione di vecchiaia a carico delle A.G.O.; nè è di ostacolo al riconoscimento di tale possibilità il carattere temporaneo dell’assegno ovvero la circostanza che l’art. 1, 10 comma, della legge 222 preveda la trasformazione automatica dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile.
Ne consegue che la richiesta intesa ad ottenere la liquidazione della pensione di vecchiaia a carico dell’A.G.O. in sostituzione dell’assegno di invalidità a carico della Gestione speciale per i commercianti, deve essere accolta semprechè, ovviamente, risultino perfezionati dall’interessato tutti i requisiti a tal fine richiesti dalla legge.

8.6. DOMANDA DI ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITÀ DA ISTRUIRE

Quesito
Criteri per la determinazione del requisito contributivo nel quinquennio precedente la domanda.

Chiarimenti
I requisiti di contribuzione richiesti per il riconoscimento del diritto all’assegno devono essere determinati avendo riguardo alla data di presentazione della relativa domanda.
Considerato che la contribuzione degli artigiani ed esercenti attività commerciali è mensile e non frazionabile, anche se il requisito contributivo relativo non sussistesse alla data di presentazione della domanda, deve essere accertato se risulta perfezionato entro la fine del mese di richiesta della prestazione.

9. SUPPLEMENTI DI PENSIONE E PENSIONI SUPPLEMENTARI.
9.1. SUPPLEMENTI DI PENSIONE

Quesito
Possibilità di concedere, a persona già in godimento di un primo supplemento di pensione liquidato dopo 5 anni dalla data di decorrenza della pensione di vecchiaia, un secondo supplemento ai sensi dell’art. 7, comma 5 della legge 23 aprile 1981, n. 155.

Chiarimenti
La facoltà di chiedere, dopo il compimento dell’età pensionabile, la liquidazione del supplemento in deroga alla periodicità quinquennale prevista dal 4  comma del richiamato art. 7 – vale a dire dopo che siano trascorsi solo due anni dalla data di decorrenza della pensione o dal precedente supplemento – è esercitabile una sola volta dopo la data di entrata in vigore della legge n. 155/1981 (cfr. circ. n. 60083 AGO del 14 gennaio 1983, p.c. lett.c).
Ne deriva che, avendo liquidato il primo supplemento dopo cinque anni dalla data di decorrenza della pensione di vecchiaia, l’interessato ha diritto di avvalersi della anzidetta facoltà e, quindi, di ottenere la liquidazione del richiesto secondo supplemento.

9.2. PENSIONE SUPPLEMENTARE DI VECCHIAIA. DECORRENZA.

Quesito
È stato chiesto di conoscere se debba farsi luogo al riconoscimento del diritto alla pensione supplementare di vecchiaia dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile, ovvero dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Chiarimenti
Al riguardo si osserva che la formulazione della norma contenuta nel 1  comma dell’art. 6 della legge n. 155/1981 secondo cui “La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile ovvero, nel caso in cui a tale data non risultino soddisfatti i requisiti di anzianità assicurativa e contributiva, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui i requisiti vengono raggiunti ” porta ad escludere l’applicabilità dell’articolo in questione alla pensione supplementare di vecchiaia.
La decorrenza della pensione supplementare di vecchiaia resta, pertanto, fissata al primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, ai sensi dell’art. 5, 3 comma, della legge n. 1338/1962, modificato dall’art. 12 del D.P.R. n. 488/68.
Consegue che la richiesta dell’interessato non è suscettibile di accoglimento.

10. PENSIONE DI ANZIANITÀ
10.1. DECORRENZA

Quesito
Domanda di pensione di vecchiaia respinta per mancanza del requisito dell’età. Successiva domanda di pensione di anzianità accolta con decorrenza dal mese successivo alla data di presentazione. Ricorso avverso la reiezione della domanda di vecchiaia motivato, da parte del Patronato, con la circostanza che, nel compilare la domanda di prestazione, l’interessato aveva erroneamente barrato la casella della pensione di vecchiaia in luogo di quella della pensione di anzianità.
A seguito della reiezione del ricorso, deliberata dal Comitato provinciale, l’interessato ha citato l’Istituto in giudizio al fine di vedersi anticipata la decorrenza della pensione di anzianità all’1/1/1990, primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di vecchiaia.
È stato chiesto di conoscere se la domanda di pensione di vecchiaia possa essere considerata come domanda di pensione di anzianità.

Chiarimenti
È necessario, in primo luogo, tener presente che la domanda dell’assicurato è assunta, dal nostro ordinamento previdenziale, a elemento condizionante del diritto a pensione, il che comporta la rilevanza del suo contenuto agli effetti del conseguimento della prestazione assicurativa.
Pertanto, se l’assicurato manifesta la volontà di conseguire una prestazione piuttosto che un’altra, l’Istituto deve prendere atto di tale manifestazione di volontà ed adeguare ad essa il proprio comportamento, a meno che l’attribuzione di una prestazione diversa da quella richiesta non sia espressamente prevista da una specifica norma di legge quale, ad esempio, l’art. due-duodecies del D.L. n. 30/74 convertito nella legge n. 144/1974.
Detto questo, va subito precisato che l’obbligo di attenersi alla richiesta dell’assicurato non esclude – ed anzi conferma – che, nel caso in cui la domanda di pensione sia stata formulata in termini equivoci o comunque si presti ad essere variamente interpretata, l’Istituto  è tenuto ad interpellare l’interessato invitandolo a manifestare chiaramente la propria volontà prospettandogli, se del caso, le conseguenze della propria scelta.
Venendo al caso in esame, si tratta di stabilire se la domanda di pensione originariamente presentata dall’interessato fosse o meno inequivocabilmente diretta ad ottenere la pensione di vecchiaia.
Non v’è dubbio che l’assicurato, barrando la casella corrispondente alla pensione di vecchiaia, abbia manifestato la volontà di ottenere tale prestazione e non altra per cui, pur considerando che alla data di presentazione l’interessato era assai lontano dall’età pensionabile (non avendo ancora compiuto il 53 anno di età), appare corretto il provvedimento di reiezione della domanda senza preventivi accertamenti in ordine alla reale volontà del richiedente.
In occasione del successivo ricorso, peraltro, l’interessato ha meglio esplicitato il proprio effettivo intendimento facendo presente di aver erroneamente barrato la casella della pensione di vecchiaia in luogo di quella corrispondente alla pensione di anzianità: affermazione del tutto plausibile non soltanto in considerazione della già rilevata circostanza rappresentata dall’età del richiedente ma anche dal fatto che, alla data della domanda, i requisiti per la pensione di anzianità risultavano effettivamente perfezionati.
Appare, pertanto, legittimo concludere che nel caso di specie non sussistessero ostacoli insormontabili all’accoglimento del gravame.
In considerazione di tali circostanze e ravvisata, altresì, l’inopportunità di demandare al giudice la definizione del caso,si ritiene che la decorrenza della pensione di anzianità spettante all’interessato possa essere anticipata al 1.1.1990 ritenendo utile, a tal fine, la domanda di pensione presentata il 26.12.1989.

10.2. APPLICAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 307/1989.

Quesito
Accoglibilità della domanda con la quale una titolare di pensione di anzianità avente decorrenza 1/7/1988 ha chiesto che, al compimento dell’età pensionabile (maggio 1991), la pensione sia riliquidata in applicazione della sentenza n. 307/1989, escludendo, cioè, dal calcolo la contribuzione volontaria.
La richiesta della pensionata è basata sull’assunto che la sentenza n. 307 ha come destinatari i titolari di pensione di vecchiaia avente decorrenza dalla data di compimento dell’età pensionabile e che la pensione di anzianità, a norma dell’art. 22, comma 6, della legge n. 153/1969, è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare compie l’età pensionabile.

Chiarimenti
Al riguardo si fa presente che la prevista equiparazione della pensione di anzianità a quella di vecchiaia non muta il titolo nè la decorrenza dell’originario trattamento pensionistico, non essendo configurabile la liquidazione di una nuova prestazione di diversa categoria e decorrenza in sostituzione di quella in godimento. La richiesta dell’interessata non ha, pertanto, possibilità di accoglimento.

10.3. LIQUIDAZIONE DI SUPPLEMENTI PER ACCREDITO DI PERIODI DI CONTRIBUZIONE AI SENSI DELLA LEGGE 15 FEBBRAIO 1974, N.36.

Quesito
Titolare di pensione di anzianità che, al compimento dell’età pensionabile, chiede l’accredito dei contributi figurativi ex lege n. 36/1974 (“Nome in favore di lavoratori dipendenti il cui rapporto sia stato risolto per motivi politici o sindacali”), per periodi compresi tra la data di decorrenza della pensione e quella di compimento dell’età pensionabile. Ammissibilità o meno della ricostituzione del rapporto assicurativo e conseguenti riflessi sulla pensione in godimento.

Chiarimenti
Al riguardo si precisa che, relativamente all’ammissibilità o meno della ricostituzione del rapporto assicurativo ai sensi della legge n. 36/1974 per periodi successivi alla decorrenza della pensione di anzianità, con circolare n. 7154 C. e V. – n. 53538 Prs. del 15/3/1976, par.1, è stato precisato che deve ammettersi la possibilità della ricostituzione, in quanto la compatibilità del godimento della pensione di anzianità con la ricostituzione del rapporto assicurativo in questione trova fondamento nel carattere riparatorio della legge stessa e nella inesistenza dell’elemento retributivo.
Per completezza espositiva si ritiene opportuno richiamare le circolari n. 53558 Prs./88 del 19/4/1978 e n. 53591 AGO/70 del 21/4/1983, con le quali sono state fornite specifiche istruzioni in ordine alla liquidazione dei supplementi per contributi post-pensionamento accreditati nell’assicurazione obbligatoria I.V.S. ai sensi della legge n. 36/1974.

11. DECORRENZA DELLA PENSIONE DI VECCHIAIA

Quesito
Possibilità di accedere alla richiesta formulata da un assicurato il quale, dopo aver compiuto a maggio 1990 il 60  anno di età ed aver presentato domanda di pensione VO il 16.11.90, senza aver compilato il riquadro relativo alla decorrenza, ha chiesto, a gennaio 1991, la liquidazione della prestazione dal mese successivo alla data di cessazione dell’attività lavorativa (31.12.90), avendo fatto domanda di opzione ai sensi dell’art. 6 della legge n.
54/1982.

Chiarimenti
Premesso che la normativa in vigore non consente di conseguire la pensione di vecchiaia con decorrenza differita al primo giorno del mese successivo a quello di cessazione dell’attività lavorativa, la richiesta non può trovare accoglimento in quanto il citato art. 6 dispone che, per coloro i quali hanno esercitato la facoltà di opzione per il mantenimento in servizio oltre l’età pensionabile, la decorrenza della pensione di vecchiaia debba essere fissata al 1  giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda.
Ne consegue che la decorrenza della prestazione deve essere fissata all’1.12.1990.

12. TREDICESIMA RATA DI PENSIONE. CRITERI DI DETERMINAZIONE.

Quesito
Titolare di pensione IR già integrata al trattamento minimo e di pensione SO con decorrenza successiva (dicembre 1987).
Essendo stata liquidata la 13 mensilità dovuta per l’intero anno sulla pensione IR in misura pari all’importo a calcolo spettante nel mese di dicembre e l’importo della 13 mensilità spettante sulla SO in 1/12 del trattamento minimo, il Comitato Provinciale, cui l’interessato si è rivolto, contestando il comportamento dell’Istituto ha chiesto di conoscere se sussiste o meno la possibilità di liquidare, quale tredicesima, i dodicesimi dell’importo del trattamento minimo della pensione IR corrispondenti ai ratei gennaio/novembre 1987.

Chiarimenti
La 13  mensilità risulta liquidata in via automatizzata con criteri conformi alle istruzioni emanate a suo tempo in attuazione della disposizione legislativa che prevede la frazionabilità della tredicesima rata di pensione (circ. n. 53351 Prs e n. 6237 Rg. del 30 ottobre 1968 citata). Conseguentemente, non è possibile far luogo ad un diverso sistema di calcolo della 13 mensilità sulla pensione IR.

13. CANCELLAZIONE DAGLI ELENCHI DI CATEGORIA-EFFETTI.

Quesito
Pensione di invalidità annullata per essere venuti meno i requisiti di contribuzione a seguito di cancellazione retro-attiva dagli elenchi di categoria disposta dallo SCAU. È stato chiesto di conoscere se, ai fini di un successivo perfezionamento dei requisiti per il diritto a pensione, l’interessato possa essere autorizzato ad effettuare il versamento di contributi a prosecuzione volontaria dalla data di presentazione della primitiva domanda di pensione, ovvero se la domanda di prosecuzione contenuta nella domanda di pensione debba ritenersi definitivamente decaduta con l’accoglimento della istanza principale (quella di pensionamento) e non possa, quindi, rivivere a seguito del successivo annullamento della pensione stessa.

Chiarimenti
Ogni valutazione in ordine alla presenza o meno dei requisiti di legge per l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria deve essere fatta con esclusivo riferimento alla posizione contributiva dell’assicurato, quale risultava al tempo della presentazione della relativa domanda.
Il provvedimento di annullamento adottato in corso di godimento della prestazione può spiegare effetti a determinati fini, ma non può investire il complesso dei diritti di cui l’assicurato era titolare all’atto della domanda e dei quali, con la domanda stessa, è stato chiesto il riconoscimento. Pertanto, l’annullamento della pensione per il successivo venir meno del requisito contributivo non può precludere il riesame della domanda iniziale di pensione, ai fini dell’autorizzazione alla prosecuzione volontaria.

14. PENSIONI CONTRIBUTIVE RILIQUIDATE IN FORMA RETRIBUTIVA.

Quesito
Possibilità di riliquidare, ai sensi dell’art. 2 del D.P.C.M. 16 dicembre 1989, una pensione contributiva avente decorrenza anteriore al 1  gennaio 1971, riliquidata in forma retributiva dall’1/12/1975 ai sensi dell’art.11 della legge n.
153/1969.

Chiarimenti
Al riguardo deve considerarsi che l’articolo 2 del D.P.C.M.
sopracitato ha la chiara finalità di consentire la rideterminazione, nei limiti del più elevato massimale di retribuzione, delle pensioni liquidate con decorrenza negli anni 1971/1984, dal cui calcolo sono state escluse le retribuzioni eccedenti il massimale previsto all’epoca.
Ciò premesso, nei confronti della pensione retributiva liquidata all’interessato con decorrenza dal 1  dicembre 1975 devono ritenersi sussistenti i presupposti per l’applicabilità dell’articolo 2 del D.P.C.M.. A tali fini deve, infatti, considerarsi che il calcolo della pensione entro i limiti del massimale di retribuzione è stato operato in sede di riliquidazione in forma retributiva, riliquidazione intervenuta nell’arco temporale di applicazione del citato art. 2 del DPCM/1989.

15. PLUSVALENZE PATRIMONIALI REALIZZATE PER CESSAZIONE DI ATTIVITÀ.

Quesito
Criteri per la determinazione del reddito annuo da considerare per la concessione di prestazione pensionistiche.

Chiarimenti
Ai fini di cui sopra, il reddito derivante da plusvalenze patrimoniali realizzate per cessazione di attività deve essere computato nell’anno di effettiva percezione, a prescindere dalla diversa imputazione consentita ai fini fiscali.
Al riguardo non assume, infatti, rilevanza il reddito materialmente assoggettato all’imposta: nella particolare materia, il concetto di possesso di redditi richiamato dal legislatore non può che essere interpretato nel senso della effettiva disponibilità dello stesso nell’anno da considerare, con la conseguenza che il reddito deve essere computato nell’anno di effettiva percezione, a prescindere dall’eventuale non coincidenza tra tale anno e il periodo di imputazione fiscale.
La possibilità, accordata al contribuente dalla normativa tributaria, che le plusvalenze patrimoniali realizzate per reddito, anzichè per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, non ha, quindi, rilevanza ai fini della determinazione del reddito annuo da prendere in considerazione per la concessione di prestazioni pensionistiche.

IL DIRETTORE GENERALE
BILLIA

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