I congedi di maternità e paternità

La Legge 53 dell’8 marzo del 2000 ha previsto (articolo 15) l’approvazione di un Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità affinché fosse garantita una organicità e sistematicità fra le numerose norme vigenti.
Il Testo Unico è stato approvato con il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 ed ha introdotto o rese più esplicite alcune indicazioni. Ne è uscito sicuramente rafforzato il ruolo del padre che diviene titolare del diritto al congedo parentale per i figli. È stata inoltre introdotta l’opportunità per le lavoratrici autonome di usufruire, oltre all’indennità di maternità loro riservata, di tre mesi di congedo parentale. Infine sono state recepite ed armonizzate le agevolazioni parentali anche nei casi di adozione ed affidamento.

IL CONGEDO DI MATERNITÀ E PATERNITÀ
Di norma durante i due mesi precedenti e i tre mesi seguenti il parto è previsto il divieto di prestare attività lavorativa.
In caso di gravi complicanze nella gestazione o di lavorazioni pericolose, faticose o insalubri, la lavoratrice può essere spostata ad altre mansioni o esentata dal lavoro per uno o più periodi o per tutta la gestazione.
Un principio simile vige per la lavoratrice madre: in caso di lavorazioni pericolose, faticose o insalubri, deve essere trasferita ad altre mansioni o, se verificata l’impossibilità, interdetta dal lavoro fino a sette mesi dopo il parto.
La lavoratrice non può essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del bambino, tranne che in caso di colpa grave da parte della lavoratrice, di cessazione dell’attività dell’azienda, di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine, di esito negativo della prova. In caso contrario il licenziamento è nullo.
Onde evitare elusioni di questa norma viene previsto che in caso di dimissioni volontarie, durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento o durante il primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, la richiesta di dimissioni della lavoratrice deve essere convalidata dal Servizio Ispettivo del Ministero del Lavoro. Solo dopo la convalida è ammessa la risoluzione del rapporto di lavoro.
Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.

Flessibilità del congedo di maternità
La madre lavoratrice dipendente ha diritto (e l’azienda ha l’obbligo) di astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto.
Ha inoltre diritto all’astensione nel periodo intercorrente tra la data presunta e quella effettiva, se successiva, e nei tre mesi dopo il parto (articolo 16, Decreto Legislativo 151/2001).
La Legge 53/2000 (ripresa nel Testo Unico, articolo 20) consente alla lavoratrice la scelta di posticipare l’inizio del congedo di maternità. Questo significa che la lavoratrice può astenersi dal lavoro un mese prima della data presunta del parto e godere di un mese di congedo nel periodo successivo al parto, godendo quindi di quattro mesi di congedo di maternità successivi al parto.
La lavoratrice, tuttavia, per poter fruire di questa forma di flessibilità, deve produrre due certificati: quello del medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato e quello del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Questi certificati sono considerati particolarmente rilevanti affinché l’opzione richiesta dalla lavoratrice non arrechi danno alla salute sua e del nascituro.
In caso di parto prematuro, la madre lavoratrice ha diritto per intero al periodo di astensione obbligatoria. Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.

Il congedo di maternità, adozione e affido
Il congedo di maternità (i soli tre mesi di astensione obbligatoria) può essere richiesto dalla lavoratrice che abbia adottato, o che abbia ottenuto in affidamento, un bambino di età non superiore a sei anni all’atto dell’adozione o dell’affidamento. Il congedo deve però essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia della lavoratrice.
Una opportunità di maggior vantaggio è ammessa nel caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali. In questi casi il congedo di maternità spetta anche se il minore adottato o affidato abbia superato i sei anni e sino al compimento della maggiore età.
Va detto che per l’adozione e l’affidamento preadottivo internazionali, la lavoratrice ha, altresì, diritto a fruire di un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l’adozione e l’affidamento. Il congedo non comporta però indennità né retribuzione. La relativa certificazione viene rilasciata dall’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione.

Il congedo di paternità
Il Testo Unico (articolo 28) prevede che il padre lavoratore abbia diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il padre lavoratore che intenda avvalersi di questo residuo presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni di morte o grave infermità. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione sostitutiva di notorietà.

Trattamento economico e previdenziale
Per il congedo di maternità le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità.
I periodi di congedo di maternità sono computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro non richiedano a tale scopo particolari requisiti. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
Le stesse prestazioni sono assicurate al lavoratore padre che usufruisca del congedo di paternità.

Lavoratrici autonome e a progetto
Alcune agevolazioni sono estese anche alle lavoratrici autonome. A queste lavoratrici, iscritte ad una cassa previdenziale, è corrisposta una indennità per cinque mesi, pari all’80% del reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali, come reddito da lavoro autonomo.
Lo stesso trattamento è stato esteso dalla Legge 24 febbraio 2006, n. 104 anche alle dirigenti del settore privato, senza i limiti precedentemente previsti per tali lavoratrici. Anche alle lavoratrici con contratto a progetto (Decreto Legislativo 276/2003) è stata concessa l’erogazione di un’indennità pari all’80% del reddito professionale per un massimo di 5 mesi. Inoltre il loro contratto a progetto viene prorogato fino a 180 giorni se scelgono di astenersi dal lavoro durante la gravidanza e la successiva maternità.

I riposi giornalieri
Il riposo giornaliero costituisce un’ulteriore agevolazione (articolo 39 e seguenti del Testo Unico) riconosciuta alla lavoratrice madre.
Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo di un’ora ciascuno, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. I periodi di riposo sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro.
I riposi giornalieri possono essere estesi anche al lavoratore padre nel caso in cui i figli gli siano affidati in via esclusiva o in caso di morte o grave infermità della madre.
I riposi giornalieri possono inoltre essere concessi al lavoratore padre in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga oppure nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.
Va ricordato che in caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.

Riposi giornalieri e handicap
La normativa di riferimento non è del tutto esplicita in materia di compatibilità fra permessi giornalieri orari per l’assistenza a figli con handicap di età inferiore ai 3 anni e permessi giornalieri orari “per allattamento” previsti nel primo anno di età.
L’interpretazione consolidata e prevalente è che i due permessi, se riferiti allo stesso figlio, siano fra loro incompatibili.
L’INPS, nella Circolare 128 dell’11 luglio 2003, ha ammesso la fruizione di entrambi i benefici indicati da parte di un genitore, nel caso in cui si tratti di due figli diversi, entrambi bisognosi di cure. Si ricorda che, in questo caso, il permesso può essere fruito, in alternativa, dal lavoratore padre.

Riposi giornalieri e adozione
La Sentenza della Corte Costituzionale 1 aprile 2003, n. 104 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 45 del Decreto Legislativo 151/2001 nella parte in cui prevede che i riposi previsti dagli articoli 39, 40 e 41 del Decreto stesso si applichino, anche in caso di adozione e di affidamento, entro il primo anno di vita del bambino.
I riposi in questione sono quelli relativi alle due ore giornaliere nel primo anno di vita del bambino riconosciute alla madre dopo l’astensione obbligatoria o al lavoratore padre, e quelli per parto plurimo.
Da parte sua l’INPS con Circolare 26 maggio 2003, n. 91 riprende quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con Sentenza 104/2003 ritenendo che i genitori adottivi o affidatari possano avvalersi dei riposi giornalieri fino al raggiungimento della maggiore età del minore in adozione o in affidamento, ovviamente non oltre un anno dall’ingresso in famiglia.

Vedi anche:
I congedi per malattia dei figli
I congedi per educazione e cura dei figli

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